ebook di Fulvio Romano

mercoledì 23 luglio 2014

Il massacro delle agavi sull'antica via Aurelia

LA STAMPA

Imperia

Il “massacro” delle agavi

sull’antica via Aurelia

Mutilato con i decespugliatori il patrimonio naturalistico

Chissà quanti e quali pensieri attraverseranno la mente dei non troppo numerosi turisti che in queste settimane percorrono la via Aurelia, l’antica Julia Augusta creata dai romani. Di certo non saranno pensieri nè lodevoli nè benevoli, giusto per usare un eufemismo. Come dar loro torto? Basta vedere in che stato sono ridotte da quello che avrebbe dovuto essere uno sfalcio - in realtà uno sfregio profondo e vergognoso - le piante ornamentali spontanee che crescono ai lati della famosa strada. Piante, quindi patrimonio naturalistico e culturale, che dovrebbero caratterizzare la nostra Riviera, mediterranea ancor prima che italiana. E invece no: sono fonte di disagio e vergogna, a maggior ragione per noi, famosi per avere la Nazione più ricca di arte e natura del mondo. Lo scempio di una scellerata opera di «pulizia» da parte dell’Anas si vede con le agavi, che sebbene non siano autoctone (così come, d’altra parte, ulivi e palme) sono diventate parte integrante del paesaggio ligure: i poveri vegetali, alcuni quasi centenari, sono stati mutilati dai decespugliatori senza pietà nè logica, senza minimo senso estetico nè consapevolezza del bello. Il risultato, come si evince dalle foto, è tremendo. A denunciare lo scempio è un gruppo di soci dell’Associazione Amici Giardini Botanici Hanbury: Claudio Cappuccio di Ventimiglia, Giovanni Ferrero di Imperia e Daniela Pietropaoli di Alassio. «La nostra Riviera, rinomata e ambita per le sue bellezze naturalistiche, sta subendo - dicono - un progressivo degrado dovuto anche alla mancanza di cultura che non è surrogabile con nozioni o adempimenti amministrativi. Il burocratismo degli amministratori pubblici si dimostra incapace di valutare e distinguere le situazioni e i bisogni: questi sono i risultati. Intendiamo avviare una campagna di sensibilizzazione per la valorizzazione del nostro patrimonio verde, quello lasciatoci dagli anni in cui Thomas Hanbury, Ludovico Winter e altri hanno arricchito la costa da Alassio a La Mortola con parchi pubblici e giardini privati popolati da flora (agavi, bouganville, opuntie, palme, e altro ancora) che hanno qualificato il nostro territorio per oltre 150 anni». Gli enti pubblici spendono decine di migliaia di euro l’anno per il verde pubblico, spesso però dimenticando di affidare ad esperti agronomi la pianificazione e la tutela di un patrimonio che oggi esiste ma che rischia di esaurirsi per banali errori di incuria. Si riuscirà a fermare il massacro?

GIULIO GELUARDI