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domenica 27 luglio 2014

Un siciliano in trionfo a Parigi

LA STAMPA

Sport

Nibali, capolavoro con il sorriso

Un siciliano in trionfo a Parigi

La più importante corsa del mondo torna italiana dopo 16 anni: “Avrò la pelle d’oca”

Antidivo e lontano dai superatleti del passato: la sua è la faccia del nuovo ciclismo

Non è soltanto il trionfo di un corridore italiano al Tour de France, la più grande corsa ciclistica del mondo. È molto di più. È la storia di un emigrante, di un ragazzo partito dalla Sicilia, con la valigia di cartone sul manubrio della bici, per diventare campione al Nord. E poi costretto a trasferirsi all’estero per conquistare il mondo. Vincenzo Nibali, 29 anni, dopo aver vinto nel 2010 la Vuelta di Spagna e nel 2013 il Giro d’Italia, oggi salirà anche sul trono di Francia al termine dell’ultima tappa-passerella di questo Tour 2014. Da 16 anni il nostro ciclismo aspettava una simile impresa, dal 1998 di Marco Pantani. E prima del Pirata bisogna risalire ai ricordi in bianco e nero: Gimondi, Nencini, Coppi, Bartali e Bottecchia, il nostro primo re di Francia, 90 anni fa. Sette uomini d’oro che hanno fatto la storia del ciclismo. Nella quale Nibali è entrato in silenzio e quasi con discrezione, come è nel suo carattere. Un campione diverso, un antipersonaggio timido ma sorridente, un simbolo della fatica e del sacrificio nel quale vogliamo e possiamo credere.

«Quando a 11 anni mi staccò in salita, pensai che avrebbe potuto diventare qualcuno», ricorda papà Salvatore, ex discreto corridore dilettante. Mamma Giovanna era contraria, che paura vederlo buttarsi giù in discesa, ma la scintilla ormai era scattata. Prima società la Cicli Fratelli Marchetta di Messina, sua città natale nella quale ben presto sarebbe diventato per tutti lo Squalo dello Stretto. Prima corsa a 14 anni, categoria Esordienti, 2° al traguardo. Era il segnale. «Ma in Sicilia il mio sogno sarebbe stato impossibile», dice spesso Nibali. Ciao mamma e papà, vado in Toscana. D’accordo con i genitori, la famiglia di Carlo Franceschi lo accolse a Mastromarco, vicino a Lamporecchio (Pistoia), e gli costruì intorno una casa, una società sportiva, un presente di affetti e un futuro da campione. Così nel 2005 per Vincenzo arrivò il debutto fra i professionisti e qualche anno più tardi la conquista della Vuelta e poi del Giro. Per centrare il Tour de France, però, Nibali decise un’altra volta di emigrare, questa volta all’estero: residenza e allenamenti a Lugano, in Svizzera, team di appartenenza la Astana, dal nome della capitale del Kazakistan che paga il suo ingaggio e finanzia il team. Oggi sugli Champs Elysées il sogno di Vincenzo si avvererà: conquisterà Parigi e diventerà uno dei soli 6 corridori nella storia ad aver vinto Giro-Vuelta-Tour, le più grandi corse a tappe del mondo. Ma sarà anche un campione nuovo e per molti aspetti diverso.

«Sono sempre il ragazzo che andava in bici con il suo papà», ha ribadito anche ieri come nelle interminabili interviste di questo Tour, meravigliando i media francesi e non solo per l’umiltà, la simpatia, l’inesauribile disponibilità. «Avrò la pelle d’oca e ho quasi paura a tornare in Italia, mi hanno detto che tutti i giornali parlano di me», ci ha confessato con emozione autentica. Che differenza dalle algide e persino arroganti dichiarazioni di illustri predecessori come Armstrong, Wiggins, Froome… Nibali è il volto nuovo del ciclismo, figlio di passioni antiche, espressione di sacrifici fachiristici (pesa 63 kg per 183 cm di altezza), eppure gioioso e consapevole dei propri privilegi. «Wiggins non si era divertito nel Tour che vinse due anni fa? Beh, a me invece questo è piaciuto un sacco», aveva detto dopo l’ultima salita pirenaica, con candore quasi anacronistico. Il ciclismo moderno, ostaggio di tecnologie e tattiche esasperate, aveva bisogno di una ventata di aria fresca, di un ragazzo come Vincenzo, che unisce fantasia alla programmazione, coraggio alla strategia, che ama la sua famiglia e ha nostalgia della sua terra. Nato in riva al mare è diventato grande sulle montagne, come Pantani. Ma la sua immagine è già oltre i misteri che accompagnarono la vita, e purtroppo anche la tragica fine, del Pirata. Nibali pedala nel futuro e ci indica una strada nuova.

GIORGIO VIBERTI


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