Cultura
La figlia «piemontese»
La figlia «piemontese»
“Stregata dalle Langhe
ne trasse un racconto”
La prima figlia di Nadine Gordimer si chiama Oriane, come l’eroina della Recherche di Proust. Ieri era a Johannesburg, al fianco della madre. Ma da tempo la sua esistenza è legata a Briaglia, paesino tra Mondovì e le Langhe dove fa l’insegnante di inglese.
Come Oriane sia arrivata dal Sudafrica fino a Briaglia, è una di quelle storie che, se non l’avesse vissuta in famiglia, la scrittrice l’avrebbe forse inserita in uno dei suoi libri. «E in parte l’ha anche fatto» ci ha svelato tempo fa Oriane. «Trent’anni fa, le raccontai di un contadino di queste parti che una volta la settimana si vestiva a festa per andare a incontrare la sua amante. Lei ha trasformato la storia in un racconto, ambientandolo a Mondovì».
Oriane è nata nel 1950, durante il primo matrimonio di Nadine Gordimer con Gerald Gavronsky. La situazione del Sudafrica, in quegli anni, era terribile. «C’erano discriminazioni e odio razziale ovunque. Mia madre aveva iniziato da poco il suo impegno contro l’apartheid, ma mi aveva iscritta in una scuola molto conservatrice». E mentre in casa si ospitavano amici neri e dissidenti violando le proibizioni, Oriane viveva una sorta di doppia identità: «In famiglia respiravo un’atmosfera di tolleranza e apertura culturale, ma non avevo neppure un’amica con cui condividere queste cose. Anzi, la maggior parte delle azioni iniziate da mia madre non le conoscevamo nemmeno, perché cercava di proteggerci».
A 18 anni, Nadine le disse: «Fai quello che vuoi, ma non sposare un razzista. Vai a conoscere il mondo, fuggi da questo povero Paese». «E così feci. Prima a Chicago, poi in Inghilterra e a Nizza, dove incontrai il mio futuro marito, per metà piemontese». Ed è così che è arrivata a Briaglia. La prima volta che la madre è venuta qui a trovarla era il 2003. «Le ho fatto conoscere le montagne e le Langhe, è rimasta affascinata dalla gente non ancora rovinata dalla modernità. Le avevo proposto di venire a stare un po’ da me, ma non sarebbe mai potuta andare via dal Sudafrica. La sua vita è stata il suo Paese, le sue ispirazioni sono inimmaginabili in un altro posto».
Roberto Fiori