ebook di Fulvio Romano

venerdì 13 giugno 2014

Il "Novismo" italiano cancella secoli di cultura politica. Una generazione per cui l'incompetenza è un valore



LA STAMPA

Italia

“Le epurazioni? Sono logiche da clan

Cancellano secoli di cultura politica”

Storici e politologi: “Per le nuove leve l’incompetenza è un valore”

Silvio Berlusconi aveva affrontato il problema con la classica schiettezza: «Che votino soltanto i capigruppo». Si sarebbero accelerate le procedure d’aula e «chi non è d’accordo potrà votare contro o astenersi». Questa complicazione della libertà di mandato (presente in qualsiasi costituzione occidentale, per cui il parlamentare rappresenta la nazione e non il partito, ed è libero di votare come crede) è stata poi risolta da Beppe Grillo, secondo il quale deputati e senatori dovrebbero votare secondo i desideri degli elettori, da verificare di volta in volta con consultazioni on line. «Fare come dicono duecento persone in rete?», si chiede oggi il costituzionalista Augusto Barbera. Il quale, però, non fa rientrare la vicenda del senatore Corradino Mineo nell’ambito proposto in apertura di articolo: «La libertà di mandato è sacra e inviolabile, ma si esprime in aula. Non nelle commissioni, dove deputati e senatori siedono perché designati dai gruppi parlamentari». Tanto è vero, aggiunge Barbera, che l’articolo 31 del regolamento del Senato prevede che «ciascun gruppo può, per un determinato disegno di legge o per una singola seduta, sostituire i propri rappresentanti in una commissione».

Accertata la costituzionalità della manovra d’espulsione di Mineo - ma anche una sua palese muscolarità - rimane l’impressione che le truppe del nuovismo italiano, da qualche tempo a questa parte, abbiano dimenticato e forse cancellato almeno un paio di secoli di cultura politica. «E non da ieri: direi da un ventennio, da quando sono nati i partiti della cosiddetta Seconda repubblica, che però stentano a prendere forma. Il Pd, per esempio, è un aggregato di tre o quattro partiti diversi», dice lo storico Luciano Canfora. Che aggiunge: «Ci sono giovanotti fastidiosi, diciamo così, che hanno preso a calpestare le regole perché fa comodo così». Il vincolo di mandato è spesso un’ipotesi, si contesta la segretezza del voto in aula, si impedisce con la tagliola (per la prima volta nella storia della Camera) l’ostruzionismo alle opposizioni. Canfora spiega che «non esiste più una scuola di partito». «E nemmeno un cursus secondo il quale si cominciava dai consigli comunali, per poi lentamente salire, e nel frattempo apprendere i grandi principi della democrazia occidentale», dice Augusto Barbera.

Il politologo Giorgio Galli ci ha appena scritto sopra un libro (Storia d’Italia tra imprevisto e previsioni, edizioni Mimesis) e a noi spiega che «la nuova classe politica sembra trascurare secoli di cultura politica e giuridica. È un processo che è cominciato negli anni Settanta e che sta arrivando a compimento, e coincide con la sostituzione di un’alta borghesia imprenditoriale con un’alta borghesia finanziaria, cioè speculativa e improduttiva. E anche con la nascita di un’alta borghesia burocratica. In poche parole, in Italia si sono imposti nuovi ceti sociali con una loro cultura e una loro morale». Galli parla del familismo amorale, concetto sociologico anglosassone, per cui si persegue solo il bene del proprio clan e le regole valgono solo all’interno del clan medesimo. Le norme che si credevano sacre e inviolabili non solo non valgono più, ma nessuno le conosce. «L’incompetenza è diventata un valore, una precondizione», ricorda Canfora pensando soprattutto ai cinque stelle. Essere incompetenti significa non essere inquinati dalla polvere dei secoli. «Oltretutto la poca preparazione suscita arroganza, specialmente se associata all’esercizio di un piccolo potere», aggiunge Canfora. E Galli conclude: «Nessuna conquista è per sempre. La nostra democrazia, per esempio, è stata un conquista faticosa e sanguinosa. Non voglio dire che Renzi la stia mettendo in pericolo, ma quando sostiene che col suo 41 per cento farà le riforme che riterrà di fare, bè, significa che qualcosa ci sta sfuggendo di mano».

Mattia Feltri


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