Cuneo
Crepe e rischio di crolli
nel monastero millenario
San Biagio di Mondovì, dichiarate inagibili alcune sale e cappelle
San Biagio di Mondovì, dichiarate inagibili alcune sale e cappelle
I primi «scossoni» si sono fatti sentire intorno alle 19,30 di giovedì scorso. Quando il mondo di sotto, intorno al monastero di San Biagio di Mondovì, ha iniziato - secondo la testimonianza delle religiose - a «tremare». E quelle crepe che prima non c’erano hanno iniziato a disegnarsi su muri e soffitti. Di qui l’allarme e il sopralluogo dei vigili del fuoco.
La loro relazione parla di «quadri fessurativi». Vuol dire che il monastero di San Biagio è a rischio. Quest’anno ha compiuto un millennio di storia. Da quando, era il 14 maggio 1014, Eriberto I di Morozzo donò il monastero di San Biagio ai monaci benedettini dell’abbazia di Fruttuaria. In dieci secoli ha resistito a tutto, persino al tempo in cui la struttura si «reinventò» fienile e aia per polli e galline. Ora, però, urge un intervento importante.
L’ordinanza d’inagibilità riguarda la cappella del piano terra, i locali di laboratorio della ceramica, la sala del caminetto, un locale absidato al secondo piano della navata del campanile e il sottotetto che rischia di crollare sulla chiesa. Infine la prima campata della chiesa. Ma l’attività di accoglienza e preghiera del monastero, assicura suor Clelia Ruffinengo, continua. Anche se le religiose che lo vivono si sono dovute trasferire nell’ala sinistra del complesso, dedicata agli ospiti del santuario. Trasformato negli ultimi anni in un centro interreligioso, aperto a chiunque abbia un dio. A riscoprirlo, dopo anni di incuria, fu padre Filiberto Guala (carriera professionale prestigiosa, come dirigente industriale, nel 1954 esordì nella Televisione di Stato per organizzare l’azienda. Poi la grande svolta, con la decisione di entrare nell’ordine monastico dei padri trappisti). Padre Guala lo intitolò alla «Madonna della Fiducia» e chiese, nel suo testamento spirituale, che il priorato non fosse mai più abbandonato. I suoi custodi oggi si chiamano suor Clelia Ruffinengo e suor Maria Grazia. Con loro altre tre persone hanno fondato la nuova comunità di San Biagio. Vivono come San Benedetto comanda: ora et labora. Ma non solo: lectio, meditatio, contemplatio, oratio. Mentre la loro associazione, la «Madonna della Fiducia», riunisce oggi 130 persone. «Preoccupata io? Non è nella mia natura e nello spirito di questo luogo - spiega suor Clelia Ruffinengo, che il priorato di San Biagio lo abita dal 1985 -. Nel tempo abbiamo restaurato gli affreschi e tramandato a memoria la storia di un luogo che è nel cuore di tanti monregalesi. Sarebbe assurdo disperdere ora un patrimonio plurisecolare, come San Biagio». L’ordinanza di inagibilità, emessa dal Comune di Mondovì, impone di provvedere alla messa in sicurezza dell’edificio. Un onere che spetta al proprietario dell’immobile, la Diocesi di Mondovì. «Sono convinta che il vescovo - conclude suor Clelia - saprà intervenire a tutela di un patrimonio tanto significativo».
chiara viglietti