Imperia
Provincia di Savona
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Dietro la vendita di rose
l’ombra lunga del racket
Un gesto di seduzione diventato simbolo dello sfruttamento. È l’estate che una massa di cingalesi si trasforma, con l’imbrunire, in esercito di venditori abusivi di fiori tra i tavolini dei dehors dei bar e dei ristoranti della Riviera. Rose, soprattutto, comprate ogni mattina a basso prezzo sul mercato di Sanremo. Rose che provengono dall’Ecuador (e ci sarebbe da approfondire, tralasciando la qualità, come facciano dei fiori coltivati in Sud America a costare meno di quelli rivieraschi, non foss’altro per il lungo viaggio in aereo), e che in scatoloni ingombranti vengono caricate sui treni e «smistate» nelle varie stazioni della Riviera. Imperia, Diano, Alassio, Albenga, Loano, Finale, Savona e via dicendo.
I distributori cingalesi portano gli scatoloni in magazzini di fortuna, spesso call center gestiti da connazionali, in attesa che arrivi la sera quando, terminati i lavori nei campi della Piana albenganese o nei cantieri savonesi, centinaia di giovani e meno giovani ritira grossi mazzi di rose e si tuffa nella movida estiva. Tra i tavolini affollati di ragazze e ragazzi le rose vengono offerte quasi sempre con gentilezza, a volte con insistenza.
A preoccupare, però, non è l’insistenza di alcuni quanto, piuttosto, le sempre più frequenti liti che avvengono tra i venditori. Liti che spesso sfociano in rissa davanti ai turisti. E che dimostrano come anche la vendita delle rose sia, in qualche modo, in mano ad un vero e proprio racket.
stefano pezzini