ebook di Fulvio Romano

mercoledì 16 luglio 2014

Musei più autonomi dalle Sovrintendenze (per farli rendere)

LA STAMPA

Cultura

La Grande bellezza

si affida ai manager

Il ministro Dario Franceschini dà il via alla riforma

dei Beni culturali: ridimensionato il ruolo dei sovrintendenti,

più autonomia ai musei con l’obiettivo di farli rendere

Arrivano i manager nei musei italiani. Il ministro della Cultura e del Turismo Dario Franceschini dà il via alla riforma annunciata, una riorganizzazione necessaria, visti i tempi di spending review. Il ministero dunque ridisegna sé stesso partendo dalla riduzione delle figure dirigenziali (nel complesso saranno 37 in meno), pescate soprattutto tra i sovrintendenti che da ora in poi avranno poca voce in capitolo sul sistema museale italiano, almeno sui 20 musei considerati strategici (tra questi gli Uffizi, la Galleria Borghese, Capodimonte) per cui verrà nominato un direttore generale.

Il manager museale è una figura invocata da Renzi, da sempre insofferente verso i sovrintendenti troppo tesi alla tutela e poco alla valorizzazione del patrimonio. Molti «non si può» e poche iniziative. Troppo cauti nel trasformare la cultura e la bellezza italiane in voci di bilancio attive. Le parole del premier sulla questione sono sempre state chiare: «Sul rapporto tra cultura e occupazione, tra cultura e economia si gioca un pezzo del nostro futuro. Ma è una partita troppo importante per lasciarla solo ai sovrintendenti».

Cinque le linee di azione della riforma: una piena integrazione tra cultura e turismo; la semplificazione dell’amministrazione periferica; l’ammodernamento della struttura centrale; la valorizzazione dei musei italiani; la valorizzazione delle arti contemporanee.

Centrale l’integrazione tra le due anime del ministero. Così le Direzioni generali centrali competenti per i beni culturali saranno arricchite di funzioni rilevanti anche per il turismo, come ad esempio la realizzazioni di itinerari e percorsi culturali e paesaggistici di valenza turistica.

Ma il cuore della riforma (che potrebbe essere varata dal Consiglio dei ministri entro l’estate) è nel ripensamento del sistema museale. I musei, spiegano al ministero, fino a oggi sono stati privi di effettiva autonomia. Articolazioni delle soprintendenze. Da oggi si cambia con una nuova gestione manageriale. Una nuova Direzione generale musei, cui affidare, spiegano al Mibact, «il compito di attuare politiche e strategie di fruizione a livello nazionale, favorire la costituzione di poli museali anche con Regioni ed enti locali, svolgere i compiti di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura, dettare le linee guida per le tariffe, gli ingressi e i servizi museali».

Viene conferita a circa 20 musei la qualifica di ufficio dirigenziale, di I o II fascia, riconoscendo così il massimo status amministrativo ai musei di rilevante interesse nazionale, i cui direttori potranno essere scelti tramite selezione pubblica tra interni o esterni all’amministrazione, anche stranieri.

Nelle linee guida altresì la centralità da dare all’arte e all’architettura contemporanea (per cui sarà prevista la creazione di una apposita Direzione generale che si occuperà anche della valorizzazione delle periferie) e anche alla formazione. Davanti al Consiglio superiore dei Beni culturali, ieri, Franceschini, ha auspicato che a Pompei nasca una scuola archeologica come ad Atene. Il sogno nel cassetto di trasformare la grande bellezza italiana in un’occasione per formare nuove generazioni di professionisti della cultura.

Maria Corbi


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