Economia
Addio al rigore
alla vigilia
della presidenza
italiana dell’Ue
Sul piano economico, gli effetti della decisione di Mario Draghi di abbassare al minimo assoluto, mai toccato prima, i tassi bancari nell’area euro si vedranno tra qualche mese. Ma su quello politico si intuiscono già, e proprio perchè cadono alla vigilia del semestre italiano di presidenza europea contrassegnano la volontà del presidente della Bce di incoraggiare una svolta nella politica di rigore imposta finora dalla Germania, e contestata ormai apertamente dai paesi che più hanno avvertito la scossa dei movimenti populisti nel voto del 25 maggio, Francia e Inghilterra.
Senza correre troppo, si può dire che si stanno creando le condizioni per un ruolo diverso e nevralgico dell’Italia nella complicata partita che s’è aperta: un compito politico, di mediazione ma anche di decisione, tra la Germania che ha accolto positivamente l’intervento della Bce e gli altri paesi che premono per un allentamento dei vincoli e per dare ossigeno alle sofferenti economie nazionali, specie in vista di scadenze elettorali, come quelle attese proprio a Londra e a Parigi.
La novità, legata anche alla scadenza del semestre, potrebbe segnare un cambiamento anche rispetto all’ultima volta in cui il governo italiano giocò un ruolo da protagonista sullo scenario dell’Unione. Mentre infatti Mario Monti, nel 2011 e 2012, aveva messo a frutto tutto il peso della sua credibilità personale di europeista ed ex-commissario Ue, inizialmente per evitare che l’Italia finisse come la Grecia, nella morsa dell’intervento dall’alto delle autorità europee, e successivamente, da super tecnico delle procedure e dei regolamenti che governano le stesse autorità, adoperando il diritto di veto per spostare gli equilibri in senso anti-Merkel, Matteo Renzi, da politico a tutto tondo, e da presidente in carica del semestre, potrebbe tentare di affiancare la Merkel e cercare di pilotare insieme a lei lo scongelamento della politica di rigore, che la Germania, se isolata, non sarebbe più in grado di evitare.
Il modo in cui è cominciato il negoziato sulle nomine e la rinuncia, da parte della Cancelliera, alla candidatura di Juncker come presidente della Commissione, vanno sicuramente in questa direzione. La mossa di Draghi altrettanto. E la possibile firma di un documento comune, proprio sulla politica economica, potrebbe rappresentare nel prossimo vertice Ue la rivelazione di un movimento che allo stato è possibile soltanto intuire. In questa materia, si sa, ogni cautela è d’obbligo. E di qui a parlare di un asse tra il SuperMario di Francoforte e il Matteo di Roma, ce ne corre. Ma in politica, dice un vecchio detto, chi ha più filo tesse.
Marcello
Sorgi