Italia
Per i cinque stelle in Europa
l’indennità non si tocca
I verdi aprono: possibile intesa se al referendum vincerà l’ipotesi di allearsi con loro
I verdi aprono: possibile intesa se al referendum vincerà l’ipotesi di allearsi con loro
L’indennità a dodici stelle non è in discussione, quella non si tocca. «Serve per vivere fra Bruxelles e l’Italia, i viaggi, la casa, le spese per il collegio», ammette Ignazio Corrao, primo capogruppo grillino in Europa, partito da Alcamo con l’autostop e giunto nella capitale belga in aereo da Milano, «perché sennò c’era il rischio di essere in ritardo». All’Europarlamento i cinque stelle rinunceranno all’autoriduzione italica, terranno tutti i 6.250 euro netti di stipendio e metteranno ai voti di devolvere metà della diaria (304 euro) per un nobile fine. Una borsa di studio, è l’idea di partenza.
L’Europa cambia anche chi viene a «cambiare l’Europa», slogan che nella prima giornata vera di riunioni dell’ottavo parlamento comunitario eletto a suffragio universale è rimbalzato per tutto l’arco costituzionale. E’ l’esordio ufficiale collettivo. Dopo i popolari, secchioni con le nomine interne già fatte, i vecchi e i nuovi si passano il testimone mescolando accenti, stili e look, scravattati i movimentisti, più eleganti e sobrie le donne della sinistra renziana, col tocco dell’orecchino tricolore di Cécile Kyenge a sfidare le Nike blu e rosse di Lara Comi (Ppe). Un flusso continuo, ma ancora quieto, di politici in cerca di ispirazione.
Si registrano, fanno la foto segnaletica, prendono il tesserino. «Un italiano di destra mi ha chiesto come si scrive Bruxelles, uno di sinistra ha voluto che controllassi se l’aveva scritto giusto», riassume scoraggiato un funzionario. Facile perdersi nei corridoi, però abbondano i «ciceroni», ognuno con qualcosa da vendere. Assistenti e collaboratori scadono con la legislatura, c’è un sacco di gente che cerca di ritrovare un lavoro, anche con salti della barricata al limite del presentabile. Così è la vita.
Nei corridoi ferve l’attività sul fronte dei 31 di casa Pd, dove il decano alla terza legislatura, Gianni Pittella, viene colto a parlare con Martin Schulz. Chi sarà il capogruppo S&D? «Io», risponde il tedesco. Si candida il 18 per condurre il negoziato sul vertice della Commissione Ue, la poltrona che voleva. E poi? Sarà un italiano? «Certo», risponde. Pittella spera.
I tre della lista Tsipras li trovi nella stanza fumatori, dove l’aria pesante non li rende affatto felici. Barbara Spinelli regala un’espressione amabilmente sorpresa quando le confermano che il suo ufficio sarà nel palazzo Asp, acronimo ispirato al padre Altiero, maestro di federalismo. Mancano i leghisti: Salvini non ha deciso in quale collegio farsi eleggere così blocca la squadra; è atteso oggi per cercare di chiudere il patto con la Le Pen che dovrebbe lanciare il suo grippo di “Antieuro estremo”.
I grillini sono altrove. «Coesi», ripetono tutti anche se non lo chiedi, a partire dal responsabile della comunicazione, Claudio Messora. Si muovono in gruppo, hanno mangiato in una sala riservata al piano terreno del suddetto Asp, quindi si sono ritirati in un albergo poco distante per parlare di questioni organizzative. Gente pratica. Hanno già bloccato una funzionaria di lungo corso per aiutarli a fissare la rotta.
A loro serve un gruppo, per non sparire. «Nei non-iscritti no», assicura Corrao, sono senza bandiera e senza poltrone. Per contare bisogna appartenere. Messora dialoga con Farage, test difficile perché il leader Ukip e il gruppo delle Libertà perdono pezzi. L’inglese li vuole: «Lascino i verdi, fanatici europeisti, e i conservatori, scettici di facciata».
I grilli dicono che deciderà la rete, da domani. Conservatori, Verdi o Farage? «Tratteremo col primo scelto e poi a scalare», spiega Messora. «Con gli estremisti mai, Le Pen inclusa», puntualizza Corrao, per i quale «ognuno di noi ha le sue idee, ma non vogliamo influenzare il voto». I ben informati dicono che il cuori della squadra è ambientalista. I Verdi, quelli dell’Europarlamento, lo sanno. Ieri hanno scritto una nota per dire che, se il popolo grillino sceglierà loro, saranno disposti a dialogo. Con qualche pesante distinguo, è un’apertura importante.
Marco zatterin