LA STAMPA
Novara
“C’è attualità in Terre selvagge
E la sfida di oggi è l’ambiente”
Sebastiano Vassalli oggi alle 21 a Novara per il ciclo “Pianure di carta”
“Racconto una battaglia dell’antichità. Le radici del presente sono lì”
Pianure di carta» è la rassegna di incontri a cornice del Premio Dante Graziosi. Si comincia con «Terre selvagge» di Sebastiano Vassalli. Il futuro dell’ambiente, più di altri temi, oggi sta a cuore allo scrittore. «Senza il sole, non si va da nessuna parte. Dalla mia finestra vedo gli ibis, uccelli sacri per gli egizi. Di questo passo, andranno altrove. Qui non abbiamo più foreste». Così ieri lo scrittore dalla casa nella campagna novarese. Stasera dialoga con l’accademico dei Lincei Giancarlo Andenna e l’editore Roberto Cicala, dopo il saluto dell’assessore Paola Turchelli: ore 21 alla biblioteca Negroni. Ingresso libero.
Come nasce l’idea di «Terre selvagge»? «Da un fatto storico fondamentale. Una battaglia che fu evento enorme, unico. L’idea di scrivere Terre selvagge era lì, a portata di mano. In queste zone, allora Campi Raudii, fu scritta una pagina fondamentale non soltanto dell’Antichità. Quella battaglia di 21 secoli fa è forse il più grande evento mai accaduto nei nostri luoghi. Ma sembrava che non interessasse granché. Ora tanti magari diranno che lo sapevano, che conoscevano. E’ già accaduto con altri miei libri. A me interessa raccontare quell’accadimento che era stato per così dire sminuito, passato in secondo piano. C’è un uomo come Caio Mario console che la politica di Roma osteggiava, non voleva farne un Padre della Patria». I collegamenti con l’attualità spiccano. Cronaca e politica di questi nostri tempi fanno vacillare certezze e ideali. Possibile che abbiamo imparato niente o pochissimo? «La politica di Roma era già complicata allora. Un mese o due dopo quell’ottobre, a Roma fu festeggiato il trionfo ma con due vincitori, Caio Mario e Lutazio Catulo che era fuggito ma doveva figurare e raccogliere gli allori. È l’Uomo che non sa cambiare, lo vediamo benissimo. C’è poco da dire». Come la «Chimera», ormai un long seller, «Terre selvagge» è romanzo storico, di studio e formazione per i giovani. Che cosa troveranno di nuovo, i ragazzi, nelle pagine? «L’oggi. A me interessa il presente, ripeto. Non ho il gusto dell’antiquario. Ma è indubbio che noi siamo prodotti della storia antica. Il protagonista è un fabbro, siamo nell’età del ferro ma già tecnologica, per così dire. L’Italia era progredita in questa parte di mondo ma mancava il carburante, il combustibile: il carbone. Che si produce bruciando la legna. E addio foreste. Non ci sono più se non qualcosa in Veneto, quelle del Cansiglio». Dunque l’ambiente è una priorità assoluta? «Parlavo con un amico che è stato in Asia e mi raccontava che dalla finestra al 30° piano vedeva il sole. Poi scendeva e il sole non lo vedeva più. Nascosto da smog o chissà cosa. Il mondo è quasi tutto così. Incamminato su una china pericolosa. Altre le ritengo piccole questioni, rispetto a questa». Fallaci scrisse «Se il sole muore». Parlò di erba di plastica, astronavi e Luna, disse «accettando la vita si accetta la morte», tra un reportage di guerra e l’altro. Tra i conflitti, oggi, quale la inquieta? «Seguo un po’ ma sono beghe di uomini... Si aggiustano sempre. Altre no: se non vediamo il sole e gli alberi, certe cose non le aggiustiamo più». Ci sono gli ibis vicino a casa sua. E l’airone è simbolo del Premio Graziosi, ispirato al celebre libro. Che cosa pensa della manifestazione? Ha un ricordo di Graziosi?«Lo presentai in un incontro e quel primo contatto andò così così. Era diffidente, era un politico quindi diffidente per definizione. Chissà che idea aveva di me: lui democristiano e io venivo collocato a sinistra. Ma ci capimmo. L’editore Cicala tiene in piedi il premio e non è facile di questi tempi. Ma Novara la vedo meglio rispetto a decenni fa. Un po’ meno piatta, meno piccola e grigia».
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