ebook di Fulvio Romano

venerdì 20 luglio 2012

Gaignebet, l' interprete dei miti (da La Stampa del 10 febbraio 2012).

Morto Gaignebet era l'interprete dei miti
Nel 1993, quando i Tendaschi progettarono di portare nel loro Musée des Merveilles nuovo di zecca il masso del Capo Tribu', con la piu' famosa delle incisioni rupestri del Monte Bego, Claude Gaignebet (morto a Parigi domenica scorsa) si incateno' alla pietra cercando di impedire il gesto «sacrilego». Il Capo Tribu', come spiego' poi in una conferenza del 1994 a Cuneo, era da leggersi secondo una cosmologia remota, di una religione e di miti arcani, dimenticati ma tuttavia ancora operanti nei nostri rituali. Claude Gaignebet era nato nel 1938 a Damasco in Siria, fu docente alla Sorbona e poi, dal 1985 al 2002 all'ateneo di Sophia-Antipolis a Nizza. In Piemonte fu a piu' riprese, ospite «importante» anche a feste folkloriche, intorno alla meta' degli Anni '70. In Val Maira fu piu' volte invitato da Piercarlo Grimaldi (oggi Rettore dell'Universita' del Gusto di Pollenzo), e partecipo' cosi' al recupero di uno dei piu' importanti carnevali alpini, quello del Villar, sopra Acceglio. Personaggio estroso, di una cultura etnologica, artistica e filosofica unica, era il piu' importante conoscitore ed interprete di miti indoeuropei. La sua tesi di dottorato, dedicata a Rabelais, a Gargantua e Pantagruel e pubblicata in due volumi («A plus haut sens», 1986) e' non solo una generosissima e straordinaria analisi dell'opera dello scrittore francese del XVI secolo, ma soprattutto un'inesauribile risorsa per chiunque si occupi del legame tra miti, religioni originarie, simboli figurativi, letteratura e tradizioni popolari. La sua creativita' (fino all'ultimo inesausta: numerosi gli incontri con il pubblico e i convegni a tema mitologico) era gia' emersa nel 1974 con un libretto («Le Carnaval», scritto con Marie-Claude Florentin), trascrizione di una serie di lezioni radiofoniche, che e' una pietra miliare per i ricercatori del folklore e dei carnevali tradizionali. Alla tesi di fondo di «Le Carnaval», secondo cui le feste che iniziano con la Candelora sono il reperto mitico di una religione antica, si rifanno oggi le rivisitazioni dei riti delle comunita' alpine (dalla Bai'o di Sampeyre all'Orso di Segale di Valdieri) organizzate dalle comunita' locali alla ricerca delle proprie piu' antiche radici. Un'altra opera di grande peso di Gaignebet (pubblicata nel 1986 da Fabbri, introvabile) e' l'«Arte profana e religione popolare nel Medio Evo» scritta con Jean-Dominique Lajoux, teorico a sua volta dell'originario culto dell'Orso e relatore in convegni piemontesi dedicati al tema. E' un'opera che e' a sua volta uno degli strumenti piu' documentati e convincenti per capire la tesi di Gaignebet di una cultura popolare che ha attraversato, dai pitagorici al Cristianesimo, le civilta' umane. Una cultura fondata sul calendario contadino, che si offre finalmente a una conoscenza che finora ci era negata. Gaignebet fu antropologo, etnologo, ultimo studioso dei miti indoeuropei; univa cultura profonda e interdisciplinare, capacita' di stupire, creativita', ricerca continua e liberta' dai partiti di ogni tipo. Un genere di intellettuale di cui in Italia si sente, specie oggi, tutta la necessita'.
Fulvio Romano