Italia
Grillo incassa il sì a Farage
Ma mezzo Movimento protesta
I due capi escludono dalle opzioni del voto i Verdi. “Così si finisce a destra”
I due capi escludono dalle opzioni del voto i Verdi. “Così si finisce a destra”
Tra Farage, Farage e Farage, a sorpresa ha vinto Farage.
Il referendum on line del Movimento cinque stelle di ieri è stato vinto con percentuale bulgara (il 78 per cento dei votanti) dall’idea di allearsi con il discusso Nigel, capo dell’Ukip, personaggio polemico, estroso, pure troppo, soprattutto con frequenti scivolate xenofobe (anche se occultate nel recente passato) ma - unica cosa che interessava ai capi - con una fortissima polemica antieuro in corso. Nella scelta se privilegiare il no euro o l’ambientalismo, vera cifra delle origini, Grillo e Casaleggio volevano la prima a tutti i costi, anche al rischio (più che reale) di spostare a destra la loro creatura.
Il fatto è che in questo voto l’altra scelta (i conservatori riformisti, nati su iniziativa dei tories inglesi), non era praticamente mai stata caldeggiata dal blog, a dispetto di quella pro Farage, di cui erano stati variamente spiegati i pro e ridotti all’osso i contro. E, soprattutto, era stata espunta preventivamente dalla consultazione l'altra vera scelta, quella di fare gruppo con i verdi; tante persone nel Movimento propendevano e propendono per questa idea. Vittorio Bertola uno dei militanti storici, non certo ostile a Casaleggio, aveva fatto a caldo una piccola inchiesta sulla collocazione europea, tra i militanti piemontesi. Era venuto fuori che 63 erano per i verdi, 36 per Farage, 4 per Tsipras, uno per Alde e uno per la Le Pen. A Bruxelles e a Milano raccontano che i verdi sono stati esclusi con questa motivazione: sono stati contraddittori e tardivi, solo alla fine hanno dato un cenno al M5s, e soprattutto l’hanno condizionato al sì del voto on line. Come a dire: gli altri ci aprivano le porte, i verdi uno spiraglietto, e solo se avessimo preventivamente detto di sì noi. «Non si tratta così», spiega Claudio Messora a chi gli obietta che in questo modo si è data una collocazione politica di vera destra a un Movimento che dice di essere «oltre». «Far votare anche sui verdi? E cioè era meglio secondo lei far scegliere un’opzione che nei fatti non esiste?». Lui è convinto: «Il gruppo con Farage non ci snaturerà. Continueremo a votare le idee singole, non gli schemi ideologici».
Sarà; ma in tutto questo c’è anche almeno un’omissione. Sia pure un po’ tardi (domenica sera), i verdi europei avevano emesso una nota per dare un sostanziale ok all’alleanza. Avevano spinto pro M5S soprattutto i francesi, mentre è vero che i tedeschi sono contrari, molto più vicini al Pse. Fatto sta che non è stato possibile votarli. Moltissimi non sono contenti, questa è la verità. Si è astenuto persino un militante storico, legato a Casaleggio, come Nik il Nero. C’è chi parla di «voto falsato», come il deputato Cristian Iannuzzi: «Spero che, anche alla luce della crescente insoddisfazione che traspare tra i frequentatori della rete e tra gli attivisti locali, Beppe Grillo abbia l’umiltà e il coraggio di tornare sui propri passi e di ascoltare». Il capodelegazione a Bruxelles, Ignazio Corrao, ammette che le tante protesta «mi hanno fatto venire un mal di testa...», poi prova a dire che «su molte cose voteremo comunque con i verdi». Poco convincente. Più sensato chi sul blog, semplicemente, domanda: «Perché non ci hanno fatto votare tra tutti i gruppi?». Altri, secchi, scrivono: «L’ultima tafazzata».
Nel referendum se andare o no alle consultazioni con Renzi avevano votato 40mila iscritti su 85mila che avevano diritto. Ieri 29584 su 85mila, poco più di un terzo. Chissà cosa pensano tutti gli altri. Farage è «assai lieto», dice che «saremo un dream team, la vera voce del popolo, un incubo per Bruxelles». Da uno spettro s’aggira per l’Europa siamo passati a un incubo s’aggira per Bruxelles.
jacopo iacoboni