Italia
Esonda il Seveso
E Milano si sveglia
nelle Filippine
Viaggio nella città in tilt, tra proteste e rassegnazione
Viaggio nella città in tilt, tra proteste e rassegnazione
Otto ore d’acqua: il Seveso esonda, i tombini saltano uno dopo l’altro come tappi di champagne, le strade si trasformano i torrenti con l’acqua che arriva all’altezza del cruscotto delle automobili, si allagano i pianoterra delle case e spesso anche i cortili interni, interi quartieri restano al buio.
Non è qualche sventurato Paese orientale ma la civilissima Milano, o almeno i suoi quartieri settentrionali. Tutti sott’acqua ieri mattina: come al solito, la zona dell’ospedale Niguarda, ma questa volta anche l’Isola, attualmente il quartiere più trendy e ieri anche il più allagato. Frattanto la viabilità andava in tilt, la stazione Istria della metro (linea 5, la più nuova) veniva chiusa, saltavano dieci centraline dell’elettricità e duemila persone restavano al buio (in serata erano ancora 150). Città paralizzata, pendolari in entrata bloccati, idem i milanesi in uscita di casa per andare a lavurà. E arrabbiatura generale, solenne, cosmica.
Colpa del monsone che ha alluvionato la città nella notte fra lunedì e ieri. L’osservatorio di Milano Duomo segnala che in cinque ore sono caduti oltre 60 millimetri d’acqua. Momento culminante del diluvio, fra le 2.10 e le 3.10, quando sembrava che la pioggia che veniva giù fosse una specie di unica grande cortina d’acqua. Il problema è che a nord di Milano (e sotto alcune delle principali arterie) c’è il Seveso, che visto così sembra un fosso più che un fiume, ma che ogni volta che piove un po’ forte esonda: in media, 2,8 volte all’anno. Il problema esiste da decenni, tutti lo conoscono e nessuno lo risolve.
L’acqua si è ritirata completamente intorno alle 11 e 30 lasciando nella zona più colpita uno spesso stato di fango e detriti. Viale Ca’ Granda aveva un aspetto vagamente balcanico, più da Tirana che da Milano. Comunque se i servizi sono stati colti di sorpresa («Stavolta il Seveso ci ha proprio fregati», scappa detto a un capozona dell’Amsa), hanno reagito con prontezza: al lavoro c’erano 40 squadre con le idrovore.
Chi in zona ci vive sa benissimo che gli allagamenti sono la regola, non l’eccezione, e questo è stato solo più grave. «Ogni volta che piove, in viale Fulvio Testi ci vuole la canoa - spiega Claudio Crucinio, che di mestiere fa il tassista -. Quando abbiamo sentito come veniva giù, abbiamo subito capito che sarebbe stata una giornataccia. Tanto più che noi sappiano cosa ci aspetta, chi arriva da fuori no. Così ieri mattina è stato un delirio, con molte strade chiuse e quelle aperte trasformate in un unico enorme ingorgo. Il problema è che non c’è manutenzione. Lei ha mai visto qualcuno pulire i tombini? Io mai. Poi, certo, gli interventi quando succedono i guai sono tempestivi. Ma non sarebbe meglio prevenire?».
Molta acqua? «Ci siamo abituati, ma stavolta era davvero tanta», dice il vinaio di via Valfurva spazzandola fuori dalla bottega. Gli è andata meglio che a quella donna incinta che si è trovata con le contrazioni, la luce saltata, i cancelli elettrici del palazzo bloccati, l’auto sommersa dall’acqua e la centrale dei taxi che ovviamente rispondeva di non poterne mandare uno. Così Maria è arrivata in ospedale sull’ambulanza scortata dai pompieri (per inciso, era un falso allarme. Il pupo ha deciso di aspettare la prossima esondazione).
Naturalmente il problema idraulico è subito diventato un caso politico. Perché il Comune (di sinistra) ha accusato la Regione (di destra) di non aver dato tempestivamente l’allarme, la Regione ha ribattuto dicendo che la colpa è della scarsa manutenzione del sistema fognario del Comune e i grillini al solito hanno accusato tutti per la «politica scellerata» di cementificazione selvaggia condotta negli ultimi quarant’anni. E poi polemiche nelle polemiche perché l'assessore aveva annunciato una conferenza stampa (poi annullata) prima di riferire nell’aula del Consiglio comunale, dove i consiglieri d’opposizione l’aspettavano muniti di canne da pesca e pesciolini di carta.
Il sindaco Giuliano Pisapia ha prima presieduto un tavolo tecnico e poi si è presentato a Palazzo Marino. Ha chiesto scusa ai cittadini (però «Vi assicuro che se fossimo stati avvisati per tempo avremmo lanciato l’allarme»), ha detto che forse chiederà lo stato di calamità naturale, ha ringraziato tutti per la collaborazione e promesso che «faremo di tutto per risarcire i danni».
Sta di fatto che ieri Milano, capitale morale, metropoli europea e sede dell'Expo, è finita a mollo. Di chi sia la colpa, al solito, non è chiaro. Chiarissimo che si tratta di una figuraccia.
alberto mattioli