La Stampa
Un’altra deputata verso l’espulsione
Pinna sotto accusa per l’intervista a “La Stampa”
Pinna sotto accusa per l’intervista a “La Stampa”
Quando finirà la guerriglia? Quando smetteranno di avventarsi tra di loro come gatti selvatici sulla carne fresca? Quando terminerà l’operazione di «dimagrimento» del Movimento, via gli infedeli per lasciare il campo agli illuminati seguaci del Verbo casaleggese?
Il giorno dopo la richiesta di espulsione della senatrice Adele Gambaro, il deputato Andrea Colletti, rigoroso avvocato pescarese, fissa sull’autolesionistico bersaglio Cinque Stelle il profilo della prossima reproba da colpire in fronte. «Ho fatto richiesta al mio capogruppo per porre la questione di una eventuale espulsione della deputata Paola Pinna per l’intervista rilasciata a La Stampa», annuncia con una certa fierezza. Lui buono. Lei, che ha attaccato il Caro Leader («tra la schiavitù e la libertà, tra Grillo e la Gambaro, scelgo la libertà») cattiva. Lui ortodosso. Lei furbetta. Lui puro. Lei traditrice. C’è una logica spietatamente polpottiana in questa inesauribile lavatrice del buonsenso. Il collega che dissente diventa nemico, uno zero, il nulla. «Pinna chi?», rincara la dose su Facebook l’ex capogruppo di Montecitorio Roberta Lombardi, raccogliendo l’applauso tiepido dei neppure cento attivisti arrivati davanti alla Camera per esprimere la propria solidarietà a Grillo. Un sit in di poche ore, che si svolge contemporaneamente a quello dei soldati di Berlusconi, riuniti per giurare come sempre fedeltà al Divino Generale. C’è differenza tra Genova e Arcore?
Nel Palazzo, braccata dai cronisti, Paola Pinna si rifugia in Aula. Sa che la sua avventura pentastellata rischia di essere al capolinea. Ma il suo disagio, e quello della Gambaro, non possono essere più archiviati come lo sgangherato tumulto di qualche guitto destinato a non spaventare nessuno. Adesso ci sono i numeri a descrivere matematicamente la distanza tra i taleban e i dialoganti. I voti per rimettere alla sacra Rete il destino della senatrice bolognese sono stati 79. I no 42, 9 le astensioni. Senza contare i 30 assenti. Non è chiaro chi sia l’azionista di maggioranza dei gruppi. Grillo vuole sapere. I suoi fedelissimi stanno preparando un dossier con le interviste dei presunti dissidenti e aspettano con ansia il fine settimana, quando arriverà il momento della rendicontazione ufficiale della diaria. A quel punto sarà facile capire chi è attratto dall’odore dei soldi. A quel punto sarà inevitabile chiedere ai riottosi di rispondere all’assemblea congiunta - e presumibilmente alla famelica Rete - delle proprie dichiarazioni ai media.
Il Movimento rischia l’implosione non per differenze sulla linea politica (al momento piuttosto debole) quanto per problemi di organizzazione, struttura, relazione col leader, incapacità di selezione della classe dirigente.
Il senatore Lorenzo Battista ironizza sui proclami da Highlander del suo Capo: «Ho votato contro l’espulsione della Gambaro. Voterò contro quella della Pinna. Altrimenti qui ne resterà soltanto uno». Piccoli affondi, che chiariscono come lo scontro non sia finito. Adele Gambaro, con l’indugio autointerrogativo di chi ha voglia di aprire la profondità di se stessa, rinuncia per qualche istante al silenzio prima di entrare in seduta. «C’è tanta amarezza per quello che sta accadendo. Ma sento anche tanta vicinanza». Altri se ne andranno con lei? «Non è escluso, perché i mal di pancia sono molti, E forse questo potrebbe essere il momento. Ma non c’è nessun contatto con il Pd». È tutto insopportabile. A Montecitorio, parlando del debito pubblico salito a 2.041 miliardi, la deputata Carla Ruocco, fedelissima di Grillo, cita Svetonio: «Il buon pastore deve tosare le proprie pecore, non scorticarle». Ottimo consiglio per il governo. Anche quello del suo Movimento.