Italia
ROMA HA DUE MESI PER RISPONDERE
ROMA HA DUE MESI PER RISPONDERE
Quote latte, la Ue striglia l’Italia “Recuperi 1,4 miliardi di multe”
Parte la lettera di messa in mora: “Quei soldi devono tornare ai cittadini”
Parte la lettera di messa in mora: “Quei soldi devono tornare ai cittadini”
La maledizione delle quote latte continua. La Commissione Ue ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora, prima tappa della procedura d’infrazione comunitaria, sollecitando il governo a «recuperare multe per almeno 1,42 miliardi dai produttori di latte, che tra il 1995 e il 2009 hanno superato le quote loro assegnate». Sono soldi che lo Stato ha anticipato e versato a Bruxelles, dove ora si ritiene vadano rimborsati «per evitare che le conseguenze ricadano sui contribuenti italiani». Appartengono ai cittadini, spiega una fonte europea, «è a loro che devono tornare». Roma ha due mesi per spiegarsi. Sennò partirà l’ultimatum finale dopo il quale potrebbero esserci nuove multe. Come dire «il danno dopo la beffa».
E’ l’ennesimo capitolo di una storiaccia all’italiana, cominciata nel 1984 con l’accettazione da parte nelle nostre autorità di limiti di produzione non compatibili con la realtà degli allevatori, e continuata col sistematico sforamento delle quote europee. Il risultato delle furbate è che in trent’anni abbiamo cumulato oltre 4 miliardi di penalità. Un terzo di questo bottino è stato anticipato dal governo, in base a un impegno preso nel 2003, che Bruxelles avallò a patto che gli allevatori ripagassero lo stato a stretto giro.
A Roma la politica ha fatto il possibile per limitare gli effetti del peccato, attenta a gestire il consenso mitigando gli oneri per chi sforava, tutti voti pesanti. Nel 1992 il governo Amato ha intavolato una serie di misure per consentire la compravendita delle quote latte (legge 468). Undici anni più tardi il ministro dell’Agricoltura Alemanno, nell’esecutivo Berlusconi, ha stabilito che chi fosse stato sanzionato poteva pagare in 15 anni e tassi zero. Nel 2008, il leghista Zaia modificò il meccanismo, stabilendo che le rate fosse divise in tre fasce e con tasso di interesse. Inutile. I denari non si sono visti.
Difficile sapere quanti e chi sono i «fuori legge». Il sistema dei pagamenti in mano all’Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) è considerato vischioso, come dimostrano le ricorrenti critiche della Corte dei Conti. Una stima arriva da Coldiretti, per la quale le pendenze riguardano circa 2 mila produttori, 600 dei quali sarebbero titolari di debiti superiori ai 300 mila euro. Una minoranza che, secondo l’organizzazione, si è distinta per la concorrenza sleale nei confronti della maggioranza dei 38mila allevatori. Questi ultimi hanno lavorato sodo per rispettare le quote e hanno perso reddito. I primi hanno violato i limiti, non hanno pagato dazio e continuano a non farlo.
Il ministro dell’Agricoltura, Nunzia De Girolamo, fa sapere in una nota che «l’amministrazione sta procedendo ai recuperi nei termini previsti dalla legge». Il problema, assicura, «sarà presto superato grazie alla recente normativa che prevede il superamento di queste difficoltà, avendo disposto il coinvolgimento, oltre che di Agea, anche di Equitalia e della Guardia di Finanza».
In realtà, a sentire le fonti agricole, lo scetticismo sul successo della missione è elevato. Anche perché, si rileva, una buona parte delle ragioni delle multe è politica: si tratta di allevatori vicini alla Lega, gente che il Carroccio ha sempre difeso a spada tratta. Non per nulla, c’è anche una procedura di infrazione aperta dopo che il ministro dell’Economia Tremonti ha rinviato nel 2010 il pagamento delle rate, su pressione di Bossi & Co. Adesso i nodi tornano al pettine. Giuste o sbagliate che siano, le regole vanno rispettate. I miliardi che il governo deve farsi restituire, oltretutto, appartengono a tutti noi.
marco zatterin