ebook di Fulvio Romano

sabato 5 luglio 2014

Così Faletti aiutò Asti a realizzare un sogno

LA STAMPA

Cultura

Così Faletti aiutò asti

a realizzare un sogno

«Spero che sul palco di Passepartout 2023 sfili una folla di persone che venga a raccontare come quando e perché ha realizzato il suo sogno»: Giorgio Faletti concludeva così la presentazione del festival astigiano dedicato ai quarant’anni dell’ «I have a dream» di Martin Luther King. Della rassegna culturale si occupava dal settembre 2012 come presidente della Biblioteca Astense, che ne è il perno. Aveva sempre fatto tutto bene: l’atleta, l’attore, il cabarettista, lo scrittore, il musicista, il cuoco. Cercò di far bene anche in quel ruolo pubblico, senza compenso, per gli amati libri e per Asti.

Prima della nomina, era il testimonial di un’idea che doveva attrarre risorse private alla Biblioteca in trasferimento dal Palazzo Alfieri al Palazzo del Collegio: ogni scaffale donato da un cittadino avrebbe esibito una targhetta col suo nome (sono già più di cento). Diede subito l’esempio impegnandosi con una cifra che gli valesse l’intestazione di una stanza ai genitori, Michela Dafarra e Carlo, dilettante suonatore di cornetta e fisarmonica, che l’aveva avviato alla musica. Sempre per rimediare all’esiguità e ai ritardi dei contributi pubblici, da presidente s’inventò «Alto volume», una serie di borse, magliette, felpe, cappellini da vendere ai visitatori. E per San Valentino lo slogan: «Regala un libro alla Biblioteca della tua città: riceverai una rosa per la donna della tua vita. Sono tutti e due un gesto d’amore».

All’Astense, già tra le biblioteche pubbliche più attive e frequentate d’Italia, voleva avvicinare i giovani con una sezione dedicata ai testi delle canzoni rap, che considerava moderna poesia, degna forma letteraria. Dicono che i suoi consigli d’amministrazione fossero i più divertenti del mondo. Ma nella girandola di raccontini e di battute, era pronto a capire i problemi e a farsene carico. Resistendo alle delusioni, confidava: «Credo di doverlo alla mia città».

Pur abitando all’Elba e a New York, per Giorgio Faletti Asti era «la casa», finestre su Piazza Statuto, il Municipio, il Duomo di San Secondo. Ad Asti portava gli amici famosi come Jeffery Deaver, americano fabbricante di besteller, con il quale non si scambiava trame, ma ricette di cucina. Qui il mese scorso era voluto ritornare.

Alberto Sinigaglia


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