Cultura
Il debito originario
si paga progettando
un mondo migliore
Tutti noi, per il solo fatto di nascere, abbiamo contratto un debito mai sottoscritto. È il debito nei confronti di coloro che ci hanno messi al mondo scommettendo su di noi. Su questo vincolo così incerto e sensibile, che pure istituisce il senso della vita, si sofferma con straordinario acume e rara delicatezza Remo Bodei nel suo nuovo libro, Generazioni. Età della vita, età delle cose (Laterza, pp. 96, € 14).
Che tre siano le età della vita - la giovinezza, la maturità e la vecchiaia - è cosa che resta stabile nei secoli. Solo a partire dal Seicento, al finire delle grandi epidemie di lebbra e di peste, si lascia meglio individuare l’infanzia che, anche in forza di una minore mortalità nei primi anni di vita, acquisisce una sua autonomia. Il bambino diviene nel XIX secolo oggetto di cura e dunque dello stabilirsi di rapporti affettivi particolari e nuovi anche per via del fatto che i fanciulli non svolgono più troppo precocemente una vita lavorativa come nelle epoche precedenti.
Riflettere sul succedersi delle generazioni significa così principalmente pensare al futuro, riscattarsi dal debito originario progettando un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto. In questo quadro i sogni di riscatto possono divenire progetti fantasiosi dettati da uno wishful thinking desideroso di ridurre il mondo globale a piccole comunità felici. Il senso è comunque connesso al trascorrere di un tempo condiviso, laddove l’identità delle generazioni non è certo solo quella anagrafica ma è avere in comune le stesse esperienze, gli stessi miti, sentimenti e - perché no?- anche gli stessi modi di dire.
Le nostre vite si stanno allungando grazie alle conquiste della medicina. Tuttavia, anche se l’intervento freddo e tuttavia igienico della morte che cancella le generazioni presenti per lasciar spazio a quelle future viene rimandato con immense conseguenze per noi tutti, resta che il patto inconsapevole contratto alla nascita, che si riverbera consapevolmente nel lascito testamentario, costituisce un richiamo etico di assoluto impegno. E davvero, come ricorda Bodei, sono pochissimi coloro i quali alla fine, a conti fatti, possano dire di lasciare più di quanto non abbiano inizialmente ricevuto.