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Costa tutta urbanizzata: l’effetto ampliato dal cemento
Costa tutta urbanizzata: l’effetto ampliato dal cemento
La disastrosa alluvione che sabato sera ha sconvolto la Costa Azzurra è stata scatenata da piogge di intensità eccezionale: all’aeroporto di Cannes-Mandelieu sono caduti 180 mm d’acqua in poco meno di due ore, di cui 109 mm in un’ora e 69 mm in mezzora, quantità mai registrate prima in così breve tempo; a Nizza, 74 mm in un’ora, anche questo un nuovo record, superiore ai 63 mm che nello stesso arco di tempo piovvero il 30 settembre 1998.
All’inizio dell’autunno è consueto che al passaggio di una perturbazione atlantica sulla Francia, con aria fresca in alta quota, si sviluppino fronti temporaleschi che sulle regioni mediterranee vengono ulteriormente alimentati dal massiccio apporto di vapore acqueo ed energia dal mare ancora caldo, con formazione di nubifragi a volte stazionari – come in questo caso – per diverse ore sulle stesse zone, detti «rigeneranti».
Si tratta dunque di episodi frequenti nel Midi francese, tanto che si parla di «pluies cévennoles» per definire questi diluvi, soprattutto autunnali, che mostrano in genere la massima concentrazione sui primi rilievi delle Cévennes, alle spalle di Nîmes e Montpellier. Però sulla Costa Azzurra, più a Est, verso l’Italia, questi scrosci così violenti sono meno ricorrenti, e mai – almeno nell’ultimo mezzo secolo – avevano raggiunto una tale intensità sulle città costiere. L’ultimo di gravità paragonabile nelle vicinanze, ma più nell’entroterra, a monte di Saint-Tropez, avvenne il 15 giugno 2010 nei dintorni di Draguignan, con piogge fino a 400 mm in poche ore, distruzioni e ben 25 vittime.
Quasi il doppio della precipitazione normale per l’intero mese di ottobre si è abbattuta in un paio d’ore su un territorio fortemente urbanizzato, impermeabilizzato e popolato (da Nizza a Mandelieu in 30 chilometri di litorale si concentra oltre mezzo milione di abitanti): lì l’acqua scorre via più rapidamente e i danni a persone e infrastrutture sono inevitabilmente più evidenti rispetto ad altre zone meno affollate. I piccoli torrenti che scendono dalle colline retrostanti, come la Brague, non hanno potuto smaltire l’eccezionale quantità d’acqua e hanno travolto con impeto strade, case, alberghi e campeggi, generando una situazione simile a quelle che di tanto in tanto si vedono a Genova quando si abbattono nubifragi di violenza analoga. Le grandi città affacciate sul Mediterraneo e alla base di montagne sono particolarmente esposte a queste calamità.
La tempesta di pioggia serale sulla Francia meridionale era attesa, i modelli numerici di previsione indicavano infatti probabili scrosci di 100-150 mm d’acqua in poche ore, tanto che Météo-France aveva emesso un’allerta «orange» per temporali violenti proprio per i dipartimenti del Var e delle Alpes-Maritimes. Da un lato autorità e popolazione erano dunque informate del rischio di possibili dissesti, tuttavia l’evento ha superato le aspettative e l’effetto sulle aree urbane è stato esplosivo.
Nel caos di un’improvvisa «urban flood» non è facile comportarsi con lucidità, ma ci sono alcune fondamentali norme di autoprotezione civile da non trascurare, come dare priorità a salvare la propria vita piuttosto che l’automobile - come ha giustamente ricordato il sindaco di Cannes - o non ostinarsi a percorrere strade allagate: molte persone sono state infatti sorprese dalle acque mentre cercavano di mettere al sicuro le auto parcheggiate in garage interrati, oppure intrappolate in sottopassi inondati.
Nell’atmosfera sempre più calda ci sono più energia e vapore acqueo, ingredienti principali delle tempeste, tuttavia non è possibile dire quanta parte abbia avuto il riscaldamento globale in un fenomeno come quello di sabato sera, così come è ancora difficile riconoscere tendenze significative in fenomeni estremi già presenti in passato, e sui quali le serie di osservazione sono ancora troppo brevi. Di certo un ruolo incisivo lo ha giocato la maggiore vulnerabilità di un territorio fortemente antropizzato. Un episodio che farà riflettere la Francia alla vigilia della grande conferenza sul clima di inizio dicembre.
luca mercalli