ebook di Fulvio Romano

giovedì 15 ottobre 2015

Amazon porta i robot in Europa Il negozio infinito sempre più veloce

LA STAMPA

Italia


Arriverà anche in Italia il magazzino automatizzato, subito in Polonia e Inghilterra

Il rumore è intermittente, sembra quello di una ferrovia, leggera. I vagoni sono i pacchi. Tre colori dominano l’area sterminata: il grigio metallizzato dei binari, il cartone dei pacchi, il giallo di Amazon. E l’arancione dei robot, macchine intelligenti che fanno correre più veloci i nostri acquisti. Corrono, non si stancano: i robot di Amazon stanno per arrivare in Europa.

«Stiamo facendo i test in Polonia», annuncia alla Stampa il vicepresidente e responsabile delle operazioni europee di Amazon, Roy Perticucci. I primi centri ad accogliere i robot saranno quelli di Wroklaw, in Polonia, e di Dunstable, in Inghilterra. Poi, progressivamente, i robot arriveranno negli altri centri, incluso il grande magazzino di Castel San Giovanni (Piacenza) aperto nel 2014.

A Tracy, un’ora da San Francisco, c’è uno dei punti chiave della logistica di Amazon nel Nord America. Fuori dal centro c’è il giallo deserto, l’aria calda, la terra arsa della California senz’acqua. Dentro fa quasi freddo per l’aria condizionata. Apprezzata dai lavoratori, obbligatoria quando arriva in visita Jeff Bezos, il fondatore di Amazon.

All’ingresso della fabbrica, perché questo è, l’enorme deposito del negozio infinito, sopra i tornelli, ci sono le scritte: «Lavora duro. Divertiti. Fai la storia».

Fate la storia, ma solo dopo i controlli di sicurezza. La società che in vent’anni, con la fatica dell’innovazione, ha rivoluzionato il commercio globale, è famosa per la segretezza che riesce a tenere su numeri e scoperte. È una necessità, e spesso chi chiede a un uomo Amazon una statistica, un numero, si sentirà rispondere: «No, mi spiace, non diffondiamo questi dati».

Quando nel 1994 Jeff Bezos ha iniziato a pensare ad Amazon, si è messo a compilare una lista, per scegliere la categoria di oggetti più facili da spedire. Così è arrivato ai libri. Ma oggi Amazon è un’altra: porta frutta e verdura, videogiochi e medicinali, praticamente tutto ciò che è in commercio. È l’everything store, il negozio di tutto. Amazon è l’intermediario per definizione. Ci promette che tutto sia a portata di clic, con consegna gratuita. È anche una scommessa, perché molti sono critici sul modello. Nel 2014 Amazon ha registrato ricavi per 88,9 miliardi di dollari con una perdita di 241 milioni. Ma Bezos è sempre riuscito a tenere buoni gli investitori, a convincerli con la promessa di una torta ancora più grande: il commercio che non è ancora online ma lo sarà.

Nell’era post ideologica, l’ideologia è l’azienda. È la crescita. I nuovi manager di Amazon vengono educati ogni martedì attorno a un grafico: più venditori online portano maggiore scelta, che migliora l’esperienza per il cliente, che aumenta il traffico del sito, che aumenta a sua volta il numero di venditori interessati. Correre, crescere: anche per questo servono i robot. I primi esemplari sono stati installati nei centri americani nel 2012: da allora il numero di lavoratori negli stessi centri è cresciuto di cinque volte.

A Tracy e negli altri magazzini, i robot arancioni danno vita a una danza silenziosa e spontanea. La merce viene caricata negli scaffali in modo casuale. Sorpresa: l’apparente disordine è efficiente. Un libro vicino a un rubinetto, vicino a una confezione di Red Bull, vicino a un paio di scarpe. Frammenti di consumo in attesa di diventare tali.

Ci si aspetta di veder spuntare un direttore d’orchestra, ma a dirigere tutto c’è solo un software. Appena un cliente completa l’acquisto sul sito, il robot riceve l’input e porta se stesso, con lo scaffale e i suoi prodotti, al primo operatore disponibile, che lo mette in marcia verso la spedizione. Il tempo che passa dal momento del clic a quello dell’invio si conta sui minuti. Prima dei robot erano ore.

Il lavoro è frenetico, ma a Tracy umani e robot lavorano davvero assieme. I robot sanno riconoscere l’operatore e calcolano quanto tempo impiega in media per prendere un prodotto, così non gli mettono fretta. Molti dei robot hanno ormai un nomignolo: i dipendenti (umani) possono battezzarli dopo un anno di lavoro nel magazzino. Prima dell’arrivo dei robot, nel suo turno di dieci ore, Alan, 28 anni, poteva consegnare circa 110 prodotti. Con l’arrivo dei robot ne tratta in media 308. Prima dei robot, faceva chilometri a piedi. «Era un lavoro diverso, ma oggi non è più noioso. Devi stare comunque concentrato», dice, quasi senza smettere di muovere la pistola laser.

I robot capiscono dove sono e decidono dunque come muoversi per completare l’ordine. Evitano gli scontri, danno la precedenza agli ordini con la priorità, sanno da soli quando devono caricare la batteria. Il software che li guida è unico per tutti i centri: una modifica nata in California può migliorare il funzionamento dei robot texani. Oggi i robot di Amazon al lavoro negli Stati Uniti sono trentamila. «Ma l’uomo è ancora nettamente più flessibile», dice Praticucci. Per il periodo più importante dell’anno, quello dello shopping natalizio, Amazon assumerà solo negli Stati Uniti 20 mila lavoratori temporanei. Nonostante i numeri di Amazon dimostrino una crescita della forza lavoro, l’arrivo dei robot in alcuni settori farà scomparire milioni di lavori.

Il percorso di Amazon non è senza ostacoli, e non solo per i conti. Prima c’erano state le proteste per le condizioni dei lavoratori dalla Germania, poi il caso dell’aria condizionata in Pennsylvania nel 2011, quando nel magazzino c’erano 37 gradi. Ora l’aria condizionata c’è in tutti gli impianti.

L’ultima polemica, animata dall’inchiesta del New York Times in agosto, investe più la cultura dell’azienda, la grande competizione, che le condizioni dei magazzini. Anche a San Francisco, la casa madre dell’economia digitale, se ne è parlato molto. Ma una dirigente di Uber che chiede l’anonimato - la segretezza non riguarda solo Bezos -, affronta schiettamente la questione: «È vero, in queste aziende si lavora troppo, c’è una cultura del risultato esagerata. Ma siamo noi a volerlo fare. Puoi smettere quando vuoi, e c’è la fila per entrare».

Arrivano i robot, ma la scommessa di Amazon - anche in Europa - dipende ancora dagli umani più che dai colleghi automatici.

Beniamino Pagliaro


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