ebook di Fulvio Romano

venerdì 30 ottobre 2015

Ponente, minime di 12º, massime di 22º...


Oggi massime estive: tra 18,6º e 22,3º.. Le minime tra 7,1º e 10,9º

CapoluogoMinima (°C)
29/10/2015
Massima (°C)
29/10/2015
Minima (°C)
30/10/2015
Massima (°C)
30/10/2015
Grafico
TORINO9,019,78,122,3vai 
BIELLA9,916,210,919,5vai 
VERCELLI8,716,77,120,8vai 
NOVARA11,116,09,819,8vai 
VERBANIA9,915,78,618,6vai 
CUNEO6,815,97,421,0vai 
ASTI9,716,18,119,3vai 
ALESSANDRIA10,117,59,019,1vai 

giovedì 29 ottobre 2015

Minime tra 6,7 e 11,1 gradi.... Massime tra 15,6 e 19,3

CapoluogoMinima (°C)
28/10/2015
Massima (°C)
28/10/2015
Minima (°C)
29/10/2015
Massima (°C)
29/10/2015
Grafico
TORINO9,512,59,519,3vai 
BIELLA9,812,89,915,9vai 
VERCELLI10,413,011,016,7vai 
NOVARA10,313,111,115,9vai 
VERBANIA10,613,210,515,7vai 
CUNEO6,412,56,715,8vai 
ASTI10,112,19,715,6vai 
ALESSANDRIA10,312,1

Ponente , minime da 11, massime da 19 gradi...


mercoledì 28 ottobre 2015

Ponente, minime di 13°, massime di 18°... Pioggia tra i 13 e i 22 millimetri.


Piemonte meteo: minime al rialzo, massime al ribasso... Finora poco più di 10-15 mm di pioggia.

Temperature osservate

CapoluogoMinima (°C)
27/10/2015
Massima (°C)
27/10/2015
Minima (°C)
28/10/2015
Massima (°C)
28/10/2015
Grafico
TORINO5,217,210,112,5vai 
BIELLA9,816,510,112,7vai 
VERCELLI3,215,610,513,0vai 
NOVARA4,414,910,413,0vai 
VERBANIA6,217,610,813,0vai 
CUNEO7,715,47,412,3vai 
ASTI5,515,210,512,1vai 
ALESSANDRIA7,813,010,412,0vai 

martedì 27 ottobre 2015

Pensioni, fino al 2018 stop agli aumenti (Ndr: Renzi col cavolo che ti votiamo..!!!)

LA STAMPA

Economia

Stretta sugli assegni oltre 2mila euro: finanzierà l’uscita anticipata di donne ed esodati

Nel testo definitivo della manovra sono previsti buoni aziendali esentasse per i figli

Le ultime sentenze della Corte costituzionale hanno offerto al governo l’occasione su un piatto d’argento. Il principio affermato dai 15 togati supremi è il seguente: i risparmi previsti da tagli a questa o quella pensione devono rimanere all’interno del sistema previdenziale. Ma allora deve valere anche il principio opposto: se aumentano i costi, se ne fa carico il sistema previdenziale. Di qui la decisione che ora emerge dalle tabelle della legge di Stabilità: il taglio progressivo dell’indicizzazione per le pensioni sopra quattro volte il minimo - circa duemila euro - e già previsto per il triennio 2014-2016 è confermato nel 2017 e nel 2018. Servirà a finanziare i maggiori costi necessari alla conferma di «opzione donna» e per la settima finestra di uscita degli esodati. Le regole per la conferma dei limiti alle indicizzazioni saranno ancora più penalizzanti: la rivalutazione automatica sarà del 95% per gli assegni tra 1.500 e 2.000 euro, del 75% per gli assegni tra 2.000 e 2.500, del 50% per gli assegni tra 2.500 e 3.000 (anziché al 75%), del 45% per gli assegni superiori a 3.000 euro (prevista al 75% dalle norme vigenti), mentre è confermata la piena rivalutazione per le pensioni fino a 1.500 euro. 

Per chi - in Parlamento ci sono le truppe pronte all’assalto - vorrebbe allargare le maglie di quanto concesso finora dal governo ai pensionandi è un messaggio chiarissimo. L’iter parlamentare della manovra inizia oggi al Senato dalla Commissione Bilancio, di cui è fresco presidente Giorgio Tonini. Anche questa volta Renzi ha motivo di guardarsi anzitutto dalla sua sinistra. L’ex ministro - nonché presidente della Commissione Lavoro di Palazzo Madama - Cesare Damiano lamenta ad esempio che parte del finanziamento per la conferma della Cassa in deroga nel 2016 sarà finanziato con fondi inizialmente destinati al fondo per i lavori usuranti. «Così non va». 

Fra le pieghe della manovra spunta poi un altra novità. La relazione tecnica all’articolo 12 scrive che «le somme, i servizi e le prestazioni erogati per la fruizione di servizi di educazione ed istruzione [...] nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi, per le borse di studio [...] non concorrono alla determinazione del reddito». Detta in sintesi, dal 2016 in poi le aziende potranno concedere ai propri dipendenti buoni esentasse per pagare la baby sitter ai figli, corsi scolastici, rette dell’asilo o qualunque altro servizio che possa essere ricompreso fra quelli di cosiddetto welfare.

alessandro barbera


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lunedì 26 ottobre 2015

Ponente ligure: oggi minime di 15°, massime di 19°...


Piemonte: oggi minime tra 3,8° e 10° e massime tra 15,5° e 19,6°...


CapoluogoMinima (°C)
25/10/2015
Massima (°C)
25/10/2015
Minima (°C)
26/10/2015
Massima (°C)
26/10/2015
Grafico
TORINO7,317,96,619,3vai 
BIELLA10,518,210,018,7vai 
VERCELLI5,417,63,817,6vai 
NOVARA8,317,68,817,2vai 
VERBANIA8,718,57,919,6vai 
CUNEO6,917,66,718,0vai 
ASTI5,218,16,915,9vai 
ALESSANDRIA6,418,17,015,5vai 
Le temperature estreme giornaliere per la giornata di ieri sono rilevate a partire da dati massimi e minimi strumentali campionati ogni 5 secondi. Per la giornata odierna gli estremi sono rilevati a partire da dati puntuali campionati ogni 30 minuti.

Eppure soffia dal fiume lo spirito di Alarico

LA STAMPA

Cultura


Alle porte di Cosenza aleggia ancora la leggenda
del re dei Visigoti e del tesoro sepolto con lui
nel letto del Busento. Ricercato anche dai nazisti

Il Busento sgorga dagli intestini del monte Scudiero, nelle serre cosentine. Scende irrequieto, frusciando un lamento metallico che rimbalza sui costoni scoscesi da cui è compresso. Si tormenta di schiuma sui massi in fondo alle strette gole erose con il paziente lavorio di millenni. Sembra aver fretta di raggiungere il mare, la grande acqua a cui ogni fiume aspira, il rifugio dove trovare quiete, scivolando dentro a esserne parte. Presto il piano ne placa gli ardori. Diventa una striscia che scorre lenta, placida e serpeggiante nell’alveo prima disseminato di rocce e ora una lingua di terra cosparsa di ghiaia, verdeggiante di erbe radenti il suolo, di steli di ginestre con i fiori gialli di primavera, di robinie, e di canneti, con le pannocchie piumose in cima, che talvolta si ergono compatti nelle piccole dune imprigionate a diventare isolotti, per l’acqua che si sparte in due direzioni e si ricompone poco giù.
Ha fretta e voglia di mescolarsi al mare, il Busento. Non riesce però a raggiungerlo. Muore alle porte di Cosenza vecchia, dentro il Crati ancora giovane ma già vigoroso, che spancia la terra pochi chilometri più su, dai fianchi del Timpone Bruno, Sila Grande. Degradandosi a piccolo affluente che ne accresce appena la portata. Nel confondersi con il Crati, ne subisce la prepotenza, si contorce in lievi increspature nemmeno capaci della protesta di un’onda e prosegue sconfitto e irriconoscibile dentro l’altro che punta a Nord, devia a Est e si fa infine accogliere dallo Ionio, nella Piana di Sibari, senza che questo possa ormai distinguere le acque limpide e fresche già nelle viscere del monte Scudiero.
25 tonnellate d’oro
Mai si guadagna dignità di fiume, il Busento. Nelle estati seccagne quasi scompare, d’inverno si allarga e ulula solo quando lo rinvigoriscono le forti piogge. È però decorato di storia e di leggende. Perché nel suo letto fu sepolto nel 410 Alarico, il re guerriero dei Visigoti, proprio in prossimità della confluenza nel Crati. Il 24 agosto dello stesso anno Alarico s’era macchiato del sacco di Roma - il secondo, ché il primo fu opera di Brenno e dei suoi Galli, nel 390 - consumando un tradimento, e ingratitudine, per essersi lasciato scivolare addosso la salvezza che gli concesse l’imperatore Teodosio, l’ultimo a regnare sull’impero unificato, quando era circondato dall’esercito del generale Stilicone. 
Alarico imperversò su Roma per tre giorni e sottrasse tutti i tesori. Dopo, si diresse verso le Calabrie, con un bottino di 25 tonnellate d’oro e 150 d’argento. A Reggio allestì una flotta con l’intento di raggiungere le coste africane e conquistare le colonie romane. Le navi furono inghiottite dalla furia del mare quando già erano pronte per salpare. E Alarico decise di risalire di nuovo la penisola. Contrasse la malaria lungo il percorso tra gli acquitrini malsani emersi per l’incuria che cresceva assieme alla debolezza di Roma e morì in pochi giorni, nei pressi di Cosentia, l’attuale Cosenza, lì dove il Busento e il Crati si fondono in uno. 
La tomba segreta
Raccontano le cronache che, avvertendo il tanfo della morte, abbia chiesto di essere sepolto nel letto del Busento, per avere addosso l’acqua degli anni giovani e felici, lungo le sponde del suo Danubio: centinaia di schiavi deviarono il corso del torrente, scavarono una buca profonda, vi alloggiarono l’immenso tesoro e il corpo del re, in groppa al suo cavallo e in assetto da battaglia, ricoprirono e restituirono il fiume al percorso naturale; gli schiavi furono poi uccisi, perché non divulgassero il segreto e non si corresse il rischio della profanazione.
La tomba di Alarico fu cercata per secoli - ci provarono anche i nazisti. E mai trovata. Forse perché la sua posizione non è quella giunta di voce in voce fino a noi e, a ragionarci su, nemmeno è granché credibile: a Cosentia, già città attiva, importante nel commercio per la felice posizione lungo la Via Capua-Rhegium, il luogo della sepoltura non sarebbe potuto passare inosservato, nonostante gli accorgimenti per tenerlo nascosto. È invece più attendibile un’altra località. Non nel letto dove giace il Busento, ma più su, tra Mendicino e Carolei, in un’altura a ridosso del Busento stesso, dove questo trascina acque fredde, è ancora un fanciullo, si annida e scende tumultuoso tra gole strette e profonde ed è incupito dalle ombre che i monti intorno gli gravano addosso. 
Sulle sommità di un rilievo, non appena i ripidi costoni a ridosso del fiume si liberano della fitta selva di sterpaglie, grovigli di rovi e robinie e si arrendono alle nudità delle rocce di una tenue tinta rosa, si aprono due caverne naturali, a pochi metri una dall’altra. Varcato l’ingresso, s’impatta nel lavoro di scavo dei tombaroli: le rigature dei colpi di piccone, i segni dello scalpello, della pala e della mazza, i buchi scavati ovunque. Nella prima apertura c’è un piccolo e rustico altare, sagomato nella parete dal tenace impegno dell’uomo. Pure nella seconda si notano tracce delle ricerche effettuate - qui pare anche abbia consumato i suoi giorni un eremita. 
Strani fenomeni
Su entrambe si mormorano racconti da non dormirci la notte: di torce che si spengono senza che aliti un soffio di vento, della furia metallica della spada di Alarico che sorge improvvisa e rimbomba nel traversare la caverna, del nitrito di un cavallo che colma assordante la volta e si consuma appena all’aria, un passo dentro c’è, un passo fuori no. 
Sulla montagna di fronte, nella roccia è incisa una grande croce. È la natura che si diverte con gli uomini? O è una traccia voluta lì dal Cielo per proteggere la sacralità del luogo, per ammonire a non infrangere il riposo eterno del re guerriero?
Il biondo e possente Alarico e la sua tomba introvabile hanno ispirato August von Platen-Allermunde per la poesia Gram im Busento, tradotta in italiano dal Carducci. «Dormi, o re, nella tua gloria! / Man romana mai non violi / la tua tomba e la memoria!».
Mimmo Gangemi

Eppure soffia dal fiume lo spirito di Alarico

LA STAMPA

Cultura


Alle porte di Cosenza aleggia ancora la leggenda
del re dei Visigoti e del tesoro sepolto con lui
nel letto del Busento. Ricercato anche dai nazisti

Il Busento sgorga dagli intestini del monte Scudiero, nelle serre cosentine. Scende irrequieto, frusciando un lamento metallico che rimbalza sui costoni scoscesi da cui è compresso. Si tormenta di schiuma sui massi in fondo alle strette gole erose con il paziente lavorio di millenni. Sembra aver fretta di raggiungere il mare, la grande acqua a cui ogni fiume aspira, il rifugio dove trovare quiete, scivolando dentro a esserne parte. Presto il piano ne placa gli ardori. Diventa una striscia che scorre lenta, placida e serpeggiante nell’alveo prima disseminato di rocce e ora una lingua di terra cosparsa di ghiaia, verdeggiante di erbe radenti il suolo, di steli di ginestre con i fiori gialli di primavera, di robinie, e di canneti, con le pannocchie piumose in cima, che talvolta si ergono compatti nelle piccole dune imprigionate a diventare isolotti, per l’acqua che si sparte in due direzioni e si ricompone poco giù.
Ha fretta e voglia di mescolarsi al mare, il Busento. Non riesce però a raggiungerlo. Muore alle porte di Cosenza vecchia, dentro il Crati ancora giovane ma già vigoroso, che spancia la terra pochi chilometri più su, dai fianchi del Timpone Bruno, Sila Grande. Degradandosi a piccolo affluente che ne accresce appena la portata. Nel confondersi con il Crati, ne subisce la prepotenza, si contorce in lievi increspature nemmeno capaci della protesta di un’onda e prosegue sconfitto e irriconoscibile dentro l’altro che punta a Nord, devia a Est e si fa infine accogliere dallo Ionio, nella Piana di Sibari, senza che questo possa ormai distinguere le acque limpide e fresche già nelle viscere del monte Scudiero.
25 tonnellate d’oro
Mai si guadagna dignità di fiume, il Busento. Nelle estati seccagne quasi scompare, d’inverno si allarga e ulula solo quando lo rinvigoriscono le forti piogge. È però decorato di storia e di leggende. Perché nel suo letto fu sepolto nel 410 Alarico, il re guerriero dei Visigoti, proprio in prossimità della confluenza nel Crati. Il 24 agosto dello stesso anno Alarico s’era macchiato del sacco di Roma - il secondo, ché il primo fu opera di Brenno e dei suoi Galli, nel 390 - consumando un tradimento, e ingratitudine, per essersi lasciato scivolare addosso la salvezza che gli concesse l’imperatore Teodosio, l’ultimo a regnare sull’impero unificato, quando era circondato dall’esercito del generale Stilicone. 
Alarico imperversò su Roma per tre giorni e sottrasse tutti i tesori. Dopo, si diresse verso le Calabrie, con un bottino di 25 tonnellate d’oro e 150 d’argento. A Reggio allestì una flotta con l’intento di raggiungere le coste africane e conquistare le colonie romane. Le navi furono inghiottite dalla furia del mare quando già erano pronte per salpare. E Alarico decise di risalire di nuovo la penisola. Contrasse la malaria lungo il percorso tra gli acquitrini malsani emersi per l’incuria che cresceva assieme alla debolezza di Roma e morì in pochi giorni, nei pressi di Cosentia, l’attuale Cosenza, lì dove il Busento e il Crati si fondono in uno. 
La tomba segreta
Raccontano le cronache che, avvertendo il tanfo della morte, abbia chiesto di essere sepolto nel letto del Busento, per avere addosso l’acqua degli anni giovani e felici, lungo le sponde del suo Danubio: centinaia di schiavi deviarono il corso del torrente, scavarono una buca profonda, vi alloggiarono l’immenso tesoro e il corpo del re, in groppa al suo cavallo e in assetto da battaglia, ricoprirono e restituirono il fiume al percorso naturale; gli schiavi furono poi uccisi, perché non divulgassero il segreto e non si corresse il rischio della profanazione.
La tomba di Alarico fu cercata per secoli - ci provarono anche i nazisti. E mai trovata. Forse perché la sua posizione non è quella giunta di voce in voce fino a noi e, a ragionarci su, nemmeno è granché credibile: a Cosentia, già città attiva, importante nel commercio per la felice posizione lungo la Via Capua-Rhegium, il luogo della sepoltura non sarebbe potuto passare inosservato, nonostante gli accorgimenti per tenerlo nascosto. È invece più attendibile un’altra località. Non nel letto dove giace il Busento, ma più su, tra Mendicino e Carolei, in un’altura a ridosso del Busento stesso, dove questo trascina acque fredde, è ancora un fanciullo, si annida e scende tumultuoso tra gole strette e profonde ed è incupito dalle ombre che i monti intorno gli gravano addosso. 
Sulle sommità di un rilievo, non appena i ripidi costoni a ridosso del fiume si liberano della fitta selva di sterpaglie, grovigli di rovi e robinie e si arrendono alle nudità delle rocce di una tenue tinta rosa, si aprono due caverne naturali, a pochi metri una dall’altra. Varcato l’ingresso, s’impatta nel lavoro di scavo dei tombaroli: le rigature dei colpi di piccone, i segni dello scalpello, della pala e della mazza, i buchi scavati ovunque. Nella prima apertura c’è un piccolo e rustico altare, sagomato nella parete dal tenace impegno dell’uomo. Pure nella seconda si notano tracce delle ricerche effettuate - qui pare anche abbia consumato i suoi giorni un eremita. 
Strani fenomeni
Su entrambe si mormorano racconti da non dormirci la notte: di torce che si spengono senza che aliti un soffio di vento, della furia metallica della spada di Alarico che sorge improvvisa e rimbomba nel traversare la caverna, del nitrito di un cavallo che colma assordante la volta e si consuma appena all’aria, un passo dentro c’è, un passo fuori no. 
Sulla montagna di fronte, nella roccia è incisa una grande croce. È la natura che si diverte con gli uomini? O è una traccia voluta lì dal Cielo per proteggere la sacralità del luogo, per ammonire a non infrangere il riposo eterno del re guerriero?
Il biondo e possente Alarico e la sua tomba introvabile hanno ispirato August von Platen-Allermunde per la poesia Gram im Busento, tradotta in italiano dal Carducci. «Dormi, o re, nella tua gloria! / Man romana mai non violi / la tua tomba e la memoria!».
Mimmo Gangemi

Eppure soffia dal fiume lo spirito di Alarico

LA STAMPA

Cultura


Alle porte di Cosenza aleggia ancora la leggenda
del re dei Visigoti e del tesoro sepolto con lui
nel letto del Busento. Ricercato anche dai nazisti

Il Busento sgorga dagli intestini del monte Scudiero, nelle serre cosentine. Scende irrequieto, frusciando un lamento metallico che rimbalza sui costoni scoscesi da cui è compresso. Si tormenta di schiuma sui massi in fondo alle strette gole erose con il paziente lavorio di millenni. Sembra aver fretta di raggiungere il mare, la grande acqua a cui ogni fiume aspira, il rifugio dove trovare quiete, scivolando dentro a esserne parte. Presto il piano ne placa gli ardori. Diventa una striscia che scorre lenta, placida e serpeggiante nell’alveo prima disseminato di rocce e ora una lingua di terra cosparsa di ghiaia, verdeggiante di erbe radenti il suolo, di steli di ginestre con i fiori gialli di primavera, di robinie, e di canneti, con le pannocchie piumose in cima, che talvolta si ergono compatti nelle piccole dune imprigionate a diventare isolotti, per l’acqua che si sparte in due direzioni e si ricompone poco giù.
Ha fretta e voglia di mescolarsi al mare, il Busento. Non riesce però a raggiungerlo. Muore alle porte di Cosenza vecchia, dentro il Crati ancora giovane ma già vigoroso, che spancia la terra pochi chilometri più su, dai fianchi del Timpone Bruno, Sila Grande. Degradandosi a piccolo affluente che ne accresce appena la portata. Nel confondersi con il Crati, ne subisce la prepotenza, si contorce in lievi increspature nemmeno capaci della protesta di un’onda e prosegue sconfitto e irriconoscibile dentro l’altro che punta a Nord, devia a Est e si fa infine accogliere dallo Ionio, nella Piana di Sibari, senza che questo possa ormai distinguere le acque limpide e fresche già nelle viscere del monte Scudiero.
25 tonnellate d’oro
Mai si guadagna dignità di fiume, il Busento. Nelle estati seccagne quasi scompare, d’inverno si allarga e ulula solo quando lo rinvigoriscono le forti piogge. È però decorato di storia e di leggende. Perché nel suo letto fu sepolto nel 410 Alarico, il re guerriero dei Visigoti, proprio in prossimità della confluenza nel Crati. Il 24 agosto dello stesso anno Alarico s’era macchiato del sacco di Roma - il secondo, ché il primo fu opera di Brenno e dei suoi Galli, nel 390 - consumando un tradimento, e ingratitudine, per essersi lasciato scivolare addosso la salvezza che gli concesse l’imperatore Teodosio, l’ultimo a regnare sull’impero unificato, quando era circondato dall’esercito del generale Stilicone. 
Alarico imperversò su Roma per tre giorni e sottrasse tutti i tesori. Dopo, si diresse verso le Calabrie, con un bottino di 25 tonnellate d’oro e 150 d’argento. A Reggio allestì una flotta con l’intento di raggiungere le coste africane e conquistare le colonie romane. Le navi furono inghiottite dalla furia del mare quando già erano pronte per salpare. E Alarico decise di risalire di nuovo la penisola. Contrasse la malaria lungo il percorso tra gli acquitrini malsani emersi per l’incuria che cresceva assieme alla debolezza di Roma e morì in pochi giorni, nei pressi di Cosentia, l’attuale Cosenza, lì dove il Busento e il Crati si fondono in uno. 
La tomba segreta
Raccontano le cronache che, avvertendo il tanfo della morte, abbia chiesto di essere sepolto nel letto del Busento, per avere addosso l’acqua degli anni giovani e felici, lungo le sponde del suo Danubio: centinaia di schiavi deviarono il corso del torrente, scavarono una buca profonda, vi alloggiarono l’immenso tesoro e il corpo del re, in groppa al suo cavallo e in assetto da battaglia, ricoprirono e restituirono il fiume al percorso naturale; gli schiavi furono poi uccisi, perché non divulgassero il segreto e non si corresse il rischio della profanazione.
La tomba di Alarico fu cercata per secoli - ci provarono anche i nazisti. E mai trovata. Forse perché la sua posizione non è quella giunta di voce in voce fino a noi e, a ragionarci su, nemmeno è granché credibile: a Cosentia, già città attiva, importante nel commercio per la felice posizione lungo la Via Capua-Rhegium, il luogo della sepoltura non sarebbe potuto passare inosservato, nonostante gli accorgimenti per tenerlo nascosto. È invece più attendibile un’altra località. Non nel letto dove giace il Busento, ma più su, tra Mendicino e Carolei, in un’altura a ridosso del Busento stesso, dove questo trascina acque fredde, è ancora un fanciullo, si annida e scende tumultuoso tra gole strette e profonde ed è incupito dalle ombre che i monti intorno gli gravano addosso. 
Sulle sommità di un rilievo, non appena i ripidi costoni a ridosso del fiume si liberano della fitta selva di sterpaglie, grovigli di rovi e robinie e si arrendono alle nudità delle rocce di una tenue tinta rosa, si aprono due caverne naturali, a pochi metri una dall’altra. Varcato l’ingresso, s’impatta nel lavoro di scavo dei tombaroli: le rigature dei colpi di piccone, i segni dello scalpello, della pala e della mazza, i buchi scavati ovunque. Nella prima apertura c’è un piccolo e rustico altare, sagomato nella parete dal tenace impegno dell’uomo. Pure nella seconda si notano tracce delle ricerche effettuate - qui pare anche abbia consumato i suoi giorni un eremita. 
Strani fenomeni
Su entrambe si mormorano racconti da non dormirci la notte: di torce che si spengono senza che aliti un soffio di vento, della furia metallica della spada di Alarico che sorge improvvisa e rimbomba nel traversare la caverna, del nitrito di un cavallo che colma assordante la volta e si consuma appena all’aria, un passo dentro c’è, un passo fuori no. 
Sulla montagna di fronte, nella roccia è incisa una grande croce. È la natura che si diverte con gli uomini? O è una traccia voluta lì dal Cielo per proteggere la sacralità del luogo, per ammonire a non infrangere il riposo eterno del re guerriero?
Il biondo e possente Alarico e la sua tomba introvabile hanno ispirato August von Platen-Allermunde per la poesia Gram im Busento, tradotta in italiano dal Carducci. «Dormi, o re, nella tua gloria! / Man romana mai non violi / la tua tomba e la memoria!».
Mimmo Gangemi