ebook di Fulvio Romano

domenica 1 novembre 2015

Seborga. “E’ qui l’ulivo più vecchio del mondo”

LA STAMPA

Imperia


Gli esperti certificheranno l’età dell’albero, la precedente stima era di 1200 anni
Gorni: “E’ il primo di qualità Taggiasca. E la coltivazione iniziò nel nostro paese”

«L’ulivo più vecchio del mondo si trova a Seborga. L’albero ha 1200 anni e questa mattina gli esperti certificheranno la sua età esatta e finalmente potremmo definirlo, anche ufficialmente, l’ulivo più vecchio del mondo». Flavio Gorni, vicesindaco e titolare con la moglie Emanuela Rebaudengo di un agriturismo in paese, è orgoglioso del «suo» ulivo. E, per celebrare questo monumento della natura, stamattina ha organizzato una bacchiatura molto particolare. Come avveniva secoli fa, quando erano i monaci a curare gli uliveti in terra seborghina, oggi ci sarà un monaco (anche se non autentico, visto che si tratta di un costume) a bacchiare l’ulivo con lunghe canne, seguendo esattamente l’antico metodo. 
La mattinata inizierà con le «misurazioni» dell’albero. L’agronomo Roberto Garzoglio, con alcuni esperti del Corpo Forestale, effettuerà particolari rilievi. Saranno certificate le misure (le ultime lo davano per un’altezza superiore ai 20 metri e per un diametro di circa 7 metri e mezzo) e infine verrà emesso il «verdetto». Che potrebbe mettere fine alla «disputa dell’oliva taggiasca», visto che da anni Taggia e Seborga affermano entrambe di essere la «patria» di questo tipo di ulivi. La Camera di Commercio ha già certificato che quello monumentale di Seborga è un ulivo di Taggiasca e se oggi, come i proprietari sperano e come hanno già avuto assicurazione, almeno in via informale, si attesterà l’età eccezionale dell’albero, allora «sarà certo - dice Gorni - che il nostro è praticamente il primo ulivo di qualità Taggiasca che fu piantato in zona. Confermando ciò che sosteniamo da sempre, anche con l’appoggio di storici locali. E cioè la tradizione della coltivazione della Taggiasca iniziò per prima a Seborga: sono stati i monaci di Lerino, le isole Lerins davanti a Cannes, a portare qui gli ulivi. E gli stessi monaci, per ampliare le coltivazioni, li hanno poi portati anche a Taggia, anche se poi riconosciamo che sono stati i taggesi a migliorare la qualità delle olive e a diffonderle». A sostenere la tesi seborghina anche lo studioso locale Luì Cerin che afferma che il nome delle Taggiasche possa derivare da un botanico dell’ordine della Paupera Milita Templi, un certo Tagghiascum Edmud. Demolendo quindi la credenza per cui l’oliva Taggiasca prenda il nome proprio dalla cittadina di Taggia.
Insomma, al di là della «paternità» della qualità delle olive, la giornata di oggi si annuncia particolare. Un momento di festa, oltre che di lavoro, visto che la bacchiatura svolta con metodi antichi è parecchio faticosa. L’albero si trova nei terreni intorno all’agriturismo Monaci Templari e, nonostante un’età da record, è in ottima «salute»: si attende un raccolto di ottime proporzioni.
lorenza rapini