Cultura
Luciano Gallino
il lavoro prima di tutto
Morto a 88 anni. Tra i padri della sociologia in Italia,
ha insegnato a lungo all’Università di Torino
dopo essersi formato a Ivrea con Adriano Olivetti
Morto a 88 anni. Tra i padri della sociologia in Italia,
ha insegnato a lungo all’Università di Torino
dopo essersi formato a Ivrea con Adriano Olivetti
La sociologia italiana ha perduto uno dei suoi massimi esponenti. Si è spento ieri a Torino, a 88 anni, Luciano Gallino, professore emerito all’ateneo torinese, la cui opera ha rappresentato un contributo di notevole significato alla sociologia del lavoro e alla teoria sociale più in generale. Nonché intellettuale pubblico rilevante per le vicende della sinistra italiana.
Gallino era nato a Torino nel 1927 e la sua formazione (e forma mentis) si è intrecciata fortemente con l’esperienza dell’olivettismo, che ha rappresentato un modello unico (e specificamente italiano) di relazione tra l’impresa, la società e la cultura. Nel 1956 entrò nell’azienda di Adriano Olivetti, che fu l’incubatrice e il laboratorio di un modo originale di pensare e praticare le relazioni sindacali e il rapporto con il territorio, destinato a pesare profondamente sulla sua metodologia e sul suo pensiero sociologico.
Il giovane Gallino, chiamato dall’ingegner Olivetti, iniziò collaborando con l’Ufficio studi relazioni sociali (una struttura di ricerca che costituiva un unicum nel panorama delle imprese dell’epoca) per passare qualche anno dopo a dirigere il Servizio di ricerche sociologiche e di studi sull’organizzazione, che dipendeva dalla Direzione del personale e dei servizi sociali capitanata a lungo da Paolo Volponi. La stagione olivettiana, per l’appunto, che tanto avrebbe segnato in quegli anni e in quelli immediatamente seguenti la cultura nazionale.
Fu successivamente la volta della carriera accademica, che Gallino intraprese mediante la libera docenza e lo vide transitare per Stanford e diventare poi uno dei punti di riferimenti dell’ateneo torinese. Qui insegnò dal ’65 fino al 2002, e il suo magistero svolse una funzione importante - in un Paese in cui l’influenza crociana e una certa impronta antiscientista e antipositivista avevano condizionato a lungo la cultura mainstream - per l’istituzionalizzazione e la definizione dello statuto epistemologico delle scienze sociali. In particolare nel campo dei modelli di azione sociale e della sociologia economica e del lavoro, di cui ha accompagnato l’evoluzione e i cambiamenti sui piani del mercato, delle relazioni tra i fattori di produzione, della tecnologia e dell’informatica (nelle loro implicazioni sociali) e degli aspetti neurobiologici del comportamento umano.
Gallino ha partecipato attivamente al dibattito pubblico, da editorialista di grandi quotidiani (prima Il Giorno, poi a lungo La Stampa e infine La Repubblica) e combattendo una battaglia delle idee nella quale le sue elaborazioni hanno avuto una vasta circolazione negli ambienti intellettuali progressisti. L’attenzione, negli ultimi anni, per il tema della precarietà lavorativa (come nel testo del 2007 Il lavoro non è una merce. Contro la flessibilità) ne ha fatto un critico implacabile del neoliberismo e della finanziarizzazione del capitalismo (al cui riguardo ha coniato il neologismo «finanzcapitalismo», che ha dato il titolo a uno dei suoi libri più recenti).
Molto ricca la sua produzione editoriale e scientifica, della quale possiamo ricordare come «classici», tra i tanti volumi: Progresso tecnologico ed evoluzione organizzativa negli stabilimenti Olivetti, 1946-1959 (1960), l’importante Dizionario di sociologia (1978), Informatica e qualità del lavoro (1983), Mente, comportamento e intelligenza artificiale(1984), Della ingovernabilità. La società italiana tra premoderno e neo-industriale (1987), L’attore sociale. Biologia, cultura e intelligenza artificiale (1987), Sociologia dell’economia e del lavoro (1989). Il suo ultimo libro, uscito da pochissimo, è Il denaro, il debito e la doppia crisi spiegati ai nostri nipoti (Einaudi). Una sorta di testamento.
Massimiliano Panarari