Economia
Dai suoni degli aerei ai balzelli sui fiammiferi
Le 100 tasse che ci costano 8mila euro a testa
L’elenco dei tributi: l’Irpef il più pesante, la Tasi la più odiata
L’elenco dei tributi: l’Irpef il più pesante, la Tasi la più odiata
Si parte con «l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sulle aeromobili», s’arriva al «tributo speciale discarica». In mezzo i grandi classici: Irpef, Tasi, Imu, Irap, imposte catastali, ipotecarie, di bollo e di scopo. E poi i balzelli più stravaganti: da quello sul rumore degli aerei a quello sugli spiriti passando per la sovraimposta applicata alla dogana su sacchetti di plastica non biodegradabili e fiammiferi.
Benvenuti nel Paese delle 100 tasse, un labirinto tutto italiano in cui si entra il primo gennaio e da cui si esce il 31 dicembre. Una sorta di campo minato, che in media costa 8 mila euro l’anno a ogni cittadino. Dai neonati agli anziani. E il conto sale a 12 mila con gli eventuali contributi previdenziali. La fotografia scattata dall’attivissimo ufficio studi della Cgia di Mestre non svela nulla di nuovo per chi ogni giorno si trova a fare lo slalom tra scadenze e bonifici, ma scorrere il lungo elenco, fatto di cento voci, fa una certa impressione. Non soltanto per la cifra tonda, ma perché l’associazione degli artigiani non si limita a snocciolare numeri e si spinge più in là, compilando una sorta di almanacco dei tributi d’Italia.
La tassa più elevata per i cittadini è l’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche) che vale 161 miliardi, il 33,2% degli introiti del Fisco, quella più pagata dalle aziende l’Ires. L’imposta sul reddito delle società, che garantisce 31,01 miliardi l’anno, stacca di pochissimo l’Irap (imposta regionale sulle attività produttive): 30,429 miliardi. L’Iva è invece l’imposta in cui ci imbattiamo più frequentemente, e per le casse dello Stato vale 97 miliardi. La Tasi, che sarà la prima a sparire con la nuova Legge di Stabilità, si prende invece il titolo di «tassa più odiata dalle famiglie».
Dall’analisi viene fuori un sistema frammentato, una ridda di balzelli suddivisi tra addizionali, accise, imposte, sovraimposte, tributi, ritenute. Eppure il gettito è estremamente concentrato visto che le prime dieci imposte valgono 417,7 miliardi di euro e garantiscono l’86 per cento delle entrate complessive, che nel 2014 hanno sfondato quota 486 miliardi di euro.
«La serie storica - dice il coordinatore dell’ufficio studi Cgia, Paolo Zabeo - indica che negli ultimi 20 anni le entrate tributarie pro-capite siano aumentate di 76 punti percentuali, molto di più rispetto all’inflazione che, invece, è salita del 47 per cento». Non solo: occorre tenere conto, spiega, che la pressione tributaria in Italia (30,1%) è la terza più elevata dell’Area Euro dopo Finlandia e Belgio, superiore di sette punti percentuali rispetto a quella tedesca (22,9%).
Tra l’altro novembre è un mese particolarmente pesante, con una raffica di scadenze tra il 16 e il 30. Autonomi e imprese verseranno 12,3 miliardi sotto la voce Iva. Sulle Spa e sulle altre società grava invece l’acconto Ires, mentre i lavoratori dipendenti, attraverso i rispettivi datori di lavoro, «daranno» al fisco le ritenute per un importo di 10,4 miliardi di euro.
Una maratona, che ha pure un lato perverso. Per pagare tutte le tasse, nel nostro Paese, sono necessari 34 giorni lavorativi. Solo le imprese, tra code, visite al commercialista e compilazione di moduli impiegano 269 ore l’anno. Più di sedicimila minuti in cui il Fisco non mostra la faccia crudele. Piuttosto, un ghigno beffardo.
giuseppe bottero