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lunedì 9 novembre 2015

Gallino. Fino all’ultimo, un “intellettuale di fabbrica” ( G. Vattimo)

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Cultura


La battaglia contro il neoliberismo oggi predominante, dalla parte dell’economia reale

La battaglia contro il neoliberismo oggi predominante, dalla parte dell’economia reale

Luciano Gallino era uno degli intellettuali «di fabbrica» che accompagnarono l’avventura di Adriano Olivetti negli anni a cavallo della metà del secolo scorso, inaugurando e segnando in modo profondo una nuova stagione della cultura italiana. Quella stagione marcata da intellettuali come Paolo Volponi, poi come Furio Colombo, che ebbe una parte significativa nello «sbarco» di Olivetti negli Stati Uniti. Vicende dell’industria italiana degli anni del dopoguerra, ma più in generale vicende della nostra storia recente che ancora oggi valgono come esemplari di uno sforzo di ripensare in termini meno ottocenteschi il senso e i modi del lavoro industriale.

Proprio il lavoro è stato al centro dell’impegno - civile prima ancora che accademico e scientifico - di Gallino fino agli ultimi anni. Tra la superficialità di tanta retorica delle «relazioni umane» e l’ideologismo di molti approcci esclusivamente politici al tema, Gallino riuscì a mantenere una posizione originalmente equilibrata per cui resta ancora oggi un grande maestro sia della sociologia più legata agli studi sul campo (statistica, inchieste, indagini di mercato, analisi dei bilanci, politiche economiche aziendali: tutti temi che Gallino ha sempre avuto ben presenti nei suoi lavori), sia della sociologia più teoricamente impegnata, in ciò vicino agli esponenti della Scuola di Francoforte.

Non è indifferente ricordare che la sua formazione si svolse nella Torino industriale degli anni del dopoguerra. Idealmente legato a personaggi come Nicola Abbagnano e Norberto Bobbio, Gallino è stato anche negli ultimi anni della sua vita un punto di riferimento sempre molto presente nel dibattito politico. 

Pur non essendo mai stato un sociologo «neutrale» rispetto ai suoi temi di studio, aveva assunto da ultimo una posizione molto critica nei confronti dell’economia neoliberista oggi predominante, sostenendo tra l’altro che un fattore determinante della crisi del capitalismo esplosa nel 2008 è stato l’eccesso di finanziarizzazione dell’economia: il vertiginoso circolare dei capitali che prevale sulla «economia reale», sulla produzione e sul concreto lavoro umano, con catastrofiche conseguenze per il tessuto sociale delle nostre società. È come se fino all’ultimo Gallino avesse voluto rimanere fedele alle sue origini di intellettuale di fabbrica e di testimone partecipe delle trasformazioni del lavoro.

Gianni Vattimo


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