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mercoledì 31 luglio 2013

Quanto pesa il silenzio di Renzi...

LA STAMPA

Italia

Quanto pesa il silenzio di Renzi

Magari è solo l’ennesimo effetto collaterale di un dibattito interno oltremodo avvelenato: ma nella ridda di polemiche e commenti intorno alla posizione che il Pd dovrebbe tenere in caso di conferma della condanna di Silvio Berlusconi, c’è un silenzio che colpisce.

È quello di Matteo Renzi, oggi il leader più popolare – e domani forse il segretario – del Partito democratico. Che pensa della vicenda? Cosa crede che il suo partito debba fare? E anzi: cosa farebbe lui nei panni di Guglielmo Epifani?

Dall’interno del Pd si sono levate, in questi giorni, diverse voci: quella di chi ritiene che non si possa restare alleati di governo con un leader definitivamente condannato, quella di chi replica che la situazione giudiziaria del Cavaliere era nota e quindi è ipocrita fingere di cadere dalle nuvole, quella – infine – di chi sostiene che l’atteggiamento dei democratici debba dipendere ed esser proporzionato alla «qualità» della reazione del Pdl. Già, ma che pensa – e perché non parla – il leader che tra quattro o cinque mesi potrebbe essere alla guida del partito e deciderne tattica e strategia?

Da un paio di settimane – come è noto – Matteo Renzi è in silenzio stampa, e ancora ieri ha argomentato questa scelta con qualcuno dei suoi che lo sollecitava a riprendere la battaglia: «Vivo questo momento con grande distacco... Mi hanno accusato di pugnalare alle spalle Letta, proprio io che ho detto sempre lealmente le cose in faccia. Se mai decideranno di fare il Congresso, fissandone regole e data, dirò quel che penso su tutto: dal governo a Berlusconi. Ma fino a quel momento, tolgo loro l’alibi per attaccarmi: sto zitto e lavoro per Firenze».

È una scelta, una linea: discutibile, naturalmente. Perché – è chiaro – una cosa è una moratoria alle dichiarazioni intorno agli F35 e alla legge elettorale, oppure sul finanziamento ai partiti o le regole per le primarie, mentre altro – tutt’altro – sono la curiosità e perfino il diritto degli iscritti e degli elettori democratici a sapere che linea avrebbe assunto – in un tornante politico così delicato – un Pd a «trazione renziana». Avrebbe chiesto a Letta di interrompere la sua esperienza di governo, in caso di condanna confermata a Berlusconi? Oppure avrebbe tirato dritto per la strada decisa in aprile?

Impossibile saperlo. E al di là del momentaneo vantaggio che Renzi potrebbe trarre dal tacere (non alimentare polemiche e non farsi nuovi nemici, né a destra né a sinistra...) il suo silenzio sottrae al dibattito un importante elemento di conoscenza e orientamento: pur se è vero che su Berlusconi e i suoi guai il pensiero del sindaco di Firenze è sufficientemente noto. Infatti, ha più volte spiegato che avrebbe votato contro l’ineleggibilità del Cavaliere, perché le leggi non si possono applicare a intermittenza o secondo la convenienza. E più in generale, ben prima dell’inizio del suo polemico silenzio stampa, spiegava: «Io ho sempre sognato di battere Berlusconi alle elezioni, e ho sempre detto di volerlo mandare in pensione non in galera».

Si può, allineando queste dichiarazioni, immaginare in che trincea Renzi-segretario calerebbe il «suo» Pd, in caso di condanna confermata per il Cavaliere? Molto probabilmente non aprirebbe la crisi di governo, ma voterebbe per la sua decadenza da senatore. Oppure no, tutto il contrario: via dal patto col «Caimano» e di corsa verso altre soluzioni o, forse, addirittura verso nuove elezioni... Difficile dire. E così, l’iscritto-elettore democratico resta col dubbio, azzarda ipotesi, propone scommesse. Noi diremmo: assurdo, ci vuole chiarezza. E invece, magari, il silenzio e l’attenzione che quel «mutismo» oggi determina, sono un altro piccolo colpo di un leader che si conferma imbattibile sul terreno della comunicazione...

Federico Geremicca