ebook di Fulvio Romano

mercoledì 24 luglio 2013

Le riforme che chiedono gli investitori..

LA STAMPA

Cultura

Le riforme che chiedono gli investitori

Un fremito di vita in un Paese bloccato. L’accordo annunciato ieri, che introduce maggiore flessibilità in 800 posti di lavoro per l’Expo 2015, firmato da tutte le sigle sindacali, non è importante solo per il suo contenuto, né esclusivamente per eventuali altre applicazioni che potrà avere. È importante soprattutto perché segnala che – se lo si vuole – si possono superare contrapposizioni in apparenza insanabili per gettare qualche seme di crescita e innovazione, per cambiare regole che sembrano incise nella roccia mentre attorno tutto si modifica a gran velocità.

Ma la scintilla che arriva dall’Expo, assieme ad altre luci – una per tutte il decreto che ha sbloccato i pagamenti della pubblica amministrazione, non basta ad illuminare un quadro che resta in buona sostanza oscuro. Gli investimenti che creano lavoro e fanno girare l’economia si contraggono: i capitali italiani appaiono sempre più scoraggiati e spesso dilaniati tra il desiderio di restare in Italia e la necessità di spostarsi verso terre più accoglienti; quelli internazionali sono sempre più diffidenti verso un Paese che non riescono a capire e dove troppi aspetti – a cominciare dall’incertezza del diritto – rappresentano svantaggi competitivi secchi.

Proprio in questi giorni d’estate, mentre l’Italia si avvia al rito della grande vacanza agostana, tra i protagonisti dell’economia sembra prevalere una sorta di rassegnata estenuazione. Pesa un Paese che non pare in grado di acchiappare la ripresa che già altrove – negli Usa, ma anche in Spagna – dà segnali più o meno forti, una politica che non riesce a concretizzare in modo incisivo pochi provvedimenti necessari, uno spirito nazionale che pare anch’esso, per l’appunto, fiaccato da una sfiducia generalizzata.

Così il banchiere racconta che il suo cliente, ottima media azienda del Nord con grande proiezione internazionale, sta decidendo di spostare il quartier generale all’estero, non per pagare meno tasse, ma per avere un costo del denaro più accettabile di quello esorbitante che oggi tocca alle imprese battenti bandiera italiana; il manager della multinazionale giapponese che ha scelto proprio l’Italia per farne il suo quartier generale europeo spiega quanto sia difficile far capire a Tokyo cosa sia un condono fiscale e quanto pesi dover fare la fila in questura per chiedere il permesso di soggiorno degli ingegneri nipponici assieme alle signore che regolarizzano la colf; l’investitore internazionale con il portafoglio gonfio di euro in cerca di impieghi spiega che l’Italia, dove le valutazioni delle aziende sono ai minimi storici e corrispondono a un terzo di aziende simili in Germania, potrebbe essere il posto giusto dove mettere i soldi, ma che per adesso è preferibile aspettare in attesa di capire meglio che strada prenderemo.

Sono loro – l’azienda italiana, la multinazionale giapponese, l’investitore internazionale – i soggetti che decideranno nei prossimi mesi che cosa fare, quante persone assumere o meno, su quali progetti – e dove – puntare nei prossimi anni. È da loro che dipende la crescita o, viceversa, il declino. Chiedono stabilità politica, ovviamente, perché non si può lavorare in un Paese che cambia un governo l’anno. Ma la stabilità da sola non basta. Ci vogliono anche decisioni e riforme che si aggiungano a quelle già prese, che sfoltiscano la giungla di norme, riconnettano scuola e lavoro, permettano forme nuove e diverse di occupazione, trovino anche rimedio a vicoli ciechi come quello di Basilea 3 che colpisce banche e clienti e amplifica, invece di diminuirli, gli effetti della crisi.

Da questo punto di vista i giorni da qui a fine agosto con sei decreti legge da approvare – da quello che fa slittare l’aumento dell’Iva al decreto del Fare – saranno per il governo una gimcana impegnativa nella quale è però vietato sbagliare. Il mercato non passa agosto al mare o in montagna e nemmeno le difficoltà delle imprese vanno in vacanza. Senza un’azione che aiuti a ristabilire la fiducia e faccia ripartire gli investimenti sarà difficile vedere quella ripresa d’autunno in cui molti sperano.

Francesco Manacorda


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