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Chiuso per indignazione
Anche ieri in Italia diversi negozi hanno chiuso per eccesso di debiti e di creditori insolventi. Invece i negozi milanesi di Dolce & Gabbana hanno chiuso per indignazione, come si può leggere in italiano e - per i diversamente lombardi - in inglese («Closed for indignation») sui cartelli delle loro vetrine ostinatamente sigillate. Riapriranno fra tre giorni (la coincidenza evangelica si presume involontaria), affinché i clienti inconsolabili possano meditare sull’ingratitudine umana, reincarnatasi nelle fattezze di un assessore di Pisapia che ha rinfacciato a D & G la condanna in primo grado per evasione fiscale. «Fate schifo!!!», ha scritto G in un breve messaggio prodigo di esclamativi, e in quel plurale fin troppo ampio per un solo assessore avrà inteso inglobare tutti i radical chic che si ostinano a considerare le sentenze più rilevanti dei fatturati.
La serrata di D & G si è meritata la pronta solidarietà di B (inteso come Briatore), che non aveva sottomano niente da chiudere, ma in compenso si è indignato moltissimo. Mi accodo alla scia di quella luminosa cometa per accendere un abat-jour sul destino dei tanti negozianti più o meno dolci che la crisi continua a gabbare. Non potendo permettersi il lusso di chiudere per indignazione, a loro è concessa la magra consolazione di indignarsi perché sono stati costretti a chiudere.
P.S. Anche il Buongiorno chiude per un po’, ma non indignatevi.
Massimo Gramellini