ebook di Fulvio Romano

lunedì 22 luglio 2013

Renzi e le pensioni (il rottamatore cambia bersaglio...)

Ne aveva parlato a "Bersaglio mobile" ma finora quasi nessuno lo aveva commentato.. Oggi La Stampa se ne occupa, vediamo. Anche qui non si specifica mai se parliamo di pensioni lorde o nette... Renzi a Mentana ha ripetuto più volte " nette" (3500 nette), anche se il suo deputato presenta un disegno di legge in cui si parla di 3.333 euro ( dove sembrerebbero però lorde...). Curioso poi che il simpatico rottamatore (come fa a non piacere..) l'unica proposta concreta, in mezzo alle sue simpatiche fumisterie retoriche, la faccia proprio sul pascolo preferito dai lupi politici: le pensioni...! Comode da prelevare, senza reazioni possibili di massa, demagogiche perché c' è sempre l'ambiguità tra lorde e nette... Notare che mai si parla di toccare le categorie sociali da sempre benedette dal sistema politico prima diccì e poi leghista: il mondo contadino, che non ha mai versato un contributo in vita sua e che da decenni riceve quintali di pensioni di accompagnamento di invalidità inesistenti...No, anche il rottamatore se la prende con i pensionati... Rivelando così alla fine la sua vera natura: un giocoso innovatore alla faccia dello stato sociale... Peccato, perché sembrava aria fresca  in mezzo ai rifritti stantii ... 
Eccovi l'articolo de La Stampa


LA STAMPA

Italia

Renzi all’assalto delle maxi pensioni

La sua proposta: un sacrificio del 10% e blocco dell’indicizzazione per chi riceve più di 3.500 euro

Lo Stato incasserebbe 4 miliardi. Ma il Pd è dubbioso: cosa direbbe la Corte Costituzionale?

Chi prende una pensione con il sistema retributivo, superiore ai 3.500 euro al mese, è giusto che dia un contributo di solidarietà. Matteo Renzi, ospite giovedì scorso di «Bersaglio mobile» questo ha detto a Enrico Mentana: due righe, una battuta all’interno di un discorso, nulla di più. Tuttavia il più popolare sindaco d’Italia ha toccato il tema sensibile della previdenza e ha sfidato il tabù del «diritto acquisito», facendo passare un brivido a molti italiani, specialmente ai quei circa 450 mila pensionati che - effettivamente - prendono più (e anche molto di più) di 3.500 euro al mese e sono in massima parte ex dipendenti dello Stato: magistrati, docenti universitari, alti ufficiali, medici, i quali - nella maggioranza dei casi - ricevono i loro congrui assegni mensili non in ragione dei contributi effettivamente versati (il cosiddetto metodo contributivo, gradualmente in vigore dal 1995 e pienamente applicato a chi va in pensione oggi) ma solo sulla base dell’ultimo stipendio percepito.

L’idea del sindaco

Qual è la tesi di Renzi? Che, poiché i trattamenti pensionistici che si daranno d’ora in avanti saranno tutti calcolati sull’effettivamente versato, chi gode del privilegio di una pensione retributiva di alto importo, due lire di solidarietà potrebbe (o dovrebbe) tirarle fuori. Questo è quanto.

L’idea del Sindaco, però, trova una più compiuta articolazione nella proposta di legge che un suo fedelissimo - il deputato del Pd Yoram Gutgeld - si appresta a presentare alla Camera, con corredo di numeri e indicazione di risparmi: la filosofia è molto semplice, la pratica potrebbe esserlo molto meno.

«Chi va in pensione con il sistema contributivo - spiega Gutgeld - prende in relazione a quanto versato e questo, secondo la nostra proposta, non deve essere toccato . Ma chi - per esempio - oggi è in pensione con il retributivo e prende tra 1.500 e 2000 euro, con il contributivo avrebbe preso il 20% in meno. Chi con lo stesso sistema prende 3.500-4000 euro, con il contributivo avrebbe preso la metà. Ora - continua l’economista renziano - la nostra proposta è di intervenire su queste alte pensioni retributive chiedendo un contributo di solidarietà del 10% e un blocco dell’indicizzazione di due anni».

I conti

Secondo questa proposta, la platea interessata da questo contributo solidale sarebbe di circa 450 mila persone, l’ammontare su cui operare il taglio di circa 33 miliardi, il cui 10% genererebbe un gruzzolo di 3,3 miliardi, al quale andrebbero sommati i risparmi per la mancata indicizzazione. Totale, circa 4 miliardi l’anno. Per fare che cosa? «Per una perequazione generazionale - dice Gutgeld - abbiamo una percentuale di giovani senza lavoro che sfiora il 40% e una massa di Neet (cioè quelli che non lavorano e non studiano) di quasi 2 milioni di unità. Noi penseremmo, quindi, a delle politiche di inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, attraverso gli strumenti dell’apprendistato, della Youth Guarantee o di altre proposte contenute nel decreto del governo sul lavoro, per dare ad almeno 700 mila giovani una possibilità di accesso all’occupazione».

In concreto - è la proposta renziana affidata a Gutgeld - si potrebbe trovare un accordo con i grandi soggetti in grado di dare lavoro, dalle organizzazioni imprenditoriali fino agli enti locali, e munire ogni giovane di un assegno di circa 500 euro al mese per un periodo di inserimento, «alcuni potrebbero solo trovarne un beneficio transitorio, ma la maggioranza ne farebbe tesoro per un salto definitivo nel mondo del lavoro».

Le reazioni

Ottima idea, ma - secondo Giuliano Cazzola, ex parlamentare, ex sindacalista e massima autorità in materia previdenziale - si incorrerebbe in un contenzioso giudiziario infinito, in quanto la Corte costituzionale, con alcune sentenze - l’ultima delle quali di poche settimane fa - ha bocciato tutte quelle misure «punitive» per il sistema pensionistico che andassero a colpire solo alcune categorie di pensionati . «Senza dire - aggiunge Cazzola - che si può sempre obiettare che determinati trattamenti pensionistici sono tali in forza di una legge e non di arbitrio o privilegio».

Dunque non se ne può fare niente? «Non è così - conclude Cazzola - il principio della perequazione generazionale che la proposta renziana sottolinea è giusto ed è presente da molto tempo nel dibattito politico, ma occorre trovare una formula che non generi torti e contenziosi». Per esempio: «La prima possibilità è quella di agire sulle rivalutazioni. Oggi, lo dico in termini semplici, se io predo 1000 euro al mese ho una rivalutazione del 100% dell’inflazione, se prendo 1.400 euro la rivalutazione è del 90%, se prendo da 2.400 euro in su, questa percentuale scende al 75%. Su questi parametri si può agire. Un’altra via è quella di lavorare sui rendimenti che riguardano il retributivo e che oggi sono del 2% su ogni anno di contribuzione, per cui con 40 anni di contributi prendo l’80% dello stipendio fino a 40-50 mila euro l’anno, dopo di che i rendimenti scendono proporzionalmente fino a un minimo dello 0,90%. Anche su questi parametri si può agire. Certo, il gettito che se ne ricaverebbe sarebbe molto inferiore di quello ipotizzato dai renziani, ma sarebbe costante, strutturale e difficilmente aggredibile in sede di contenzioso».

Qualche perplessità sull’istanza renziana viene anche dal Pd: «Ci sono due ordini di questioni che vorrei segnalare - dice l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano - la prima è che qualunque intervento che tocchi le pensioni solo di alcuni verrà bloccato dalla Corte costituzionale. Seconda: sull’indicizzazione delle pensioni più ricche non si deve intervenire, per la semplice ragione che già è stato fatto: lo feci io nel 2007 per le pensioni che superavano 8 volte il minimo, intervenne Fornero abbassandolo a quelle che superavano tre volte il minimo, poi ci fu una ulteriore revisione da parte di Monti per cui da gennaio 2014 tutte le pensioni superiori a 6 volte il minimo, circa 3 mila euro, avranno l’indicizzazione bloccata. L’idea, dunque, è buona, ma è già stata attuata».

Raffaello Masci