ebook di Fulvio Romano

mercoledì 17 luglio 2013

Il PD si spacca su... Alfano!

Dal Corriere della sera 5 minuti fa:

Il Pd non voterà la sfiducia su Alfano 
ma Renzi non ci sta: «Pensano alle poltrone»

Democratici divisi all'incontro di giovedì. Renziani contro, Cuperlo e Finocchiaro si appellano alla «sensibilità istituzionale»


Nella serata di mercoledì una nota ufficiale del Partito democratico tenta di fare chiarezza sulla posizione da tenere nel caso Shalabayeva, ma le polemiche non si placano. La segreteria del Pd «ha convenuto che il governo deve proseguire nell'opera di risanamento e per dare le risposte di cui il Paese ha bisogno». Per questo ha stabilito che «non potranno essere votate le mozioni delle opposizioni contro il governo», e quindi in particolare contro il vicepremier Angelino Alfano, ma «resta aperto il problema di come ridare credibilità alle istituzioni». Intanto l'ex segretario dei Ds Massimo D'Alema ha rimarcato: è una «vicenda che finisce per colpire e indebolire la forza del Governo. Chi si è reso protagonista di questa vicenda se ne assumerà le responsabilità, ma in questo momento provocare una crisi di Governo sarebbe irresponsabile».

I RENZIANI - Nel pomeriggio, però, soffiava un vento di spaccatura relativo al giallo kazako che rischiava di spaccare il Pd e mettere in crisi il governo Letta. I senatori renziani con una lettera erano passati all'attacco e avevano rilanciato: «La posizione del ministro Alfano è oggettivamente indifendibile - sottolineavano il vicecapogruppo del Pd a Palazzo Madama, Stefano Lepri, e altri 12 senatori vicini al sindaco di Firenze - Chiederemo al Pd, nella riunione dei gruppi giovedì, di sostenere la richiesta di dimissioni del ministro». Renzi, più tardi, intervenendo sul suo blog attaccava proprio il partito: «Se preferiscono perdere le elezioni pur di mantenere una poltrona, va bene. Ma ci facciano la cortesia di non strumentalizzare una vicenda di cui come italiano mi vergogno», spiegava. «Se scelgono questa vicenda per regolare i conti tra le correnti del Pd, mi vergogno per il Pd».

«NON SI VOTA» - «Nei palazzi romani non c'è proprio nessuno che voglia tornare alle elezioni, nemmeno tra i parlamentari delle minoranze. Insomma se cade Letta, non si vota», aggiungeva Renzi. «Se anche si formasse un nuovo Governo non sarei io candidabile», precisando: «se andrò a Palazzo Chigi un giorno, ci andrò forte del consenso popolare non di manovre di Palazzo».

LETTA DIFENDE ALFANO - Poche ore prime Letta, da Londra, aveva commentato: «Nessun problema non Renzi, ci siamo parlati. Sarò in Senato venerdì». E sul caso kazako aveva spiegato che dalla relazione di Pansa «emerge l'estraneità di Alfano dalla vicenda». «Non ci devono essere ombre e dubbi». Aggiungendo che «la stabilità politica è necessaria, altrimenti sarà impossibile ottenere la ripresa».

MOZIONE DI SFIDUCIA - In attesa di ulteriori verifiche e approfondimenti sull'operato del responsabile del Viminale, il Pd sembra prendere tempo. Alla riunione dei senatori di giovedì alle 13 verrà discussa la posizione del gruppo sulla mozione di sfiducia presentata da M5S e Sel nei confronti di Alfano, ma la lettera di mercoledì sera sembra aver chiuso la questione. Sarà presente il segretario del partito, Guglielmo Epifani. Il voto è in programma venerdì, quando comunque potrebbe esserci anche un voto alla Camera. I renziani, comunque, insistono: le interviste rilasciate dal prefetto Giuseppe Procaccini, ex capo di gabinetto del ministro dell'Interno, sono una prova - spiegano i deputati vicini a Matteo Renzi - che «Alfano sapeva». «La posizione del ministro è sempre meno sostenibile», rilancia tra i renziani Paolo Gentiloni.