Economia
Pressing di Renzi per abolire
le Camere di Commercio
Il premier chiede al Tesoro di inserire “norme rivoluzionarie” nel Def
Il premier chiede al Tesoro di inserire “norme rivoluzionarie” nel Def
Normalmente c’è il ministro dell’Economia che va all’attacco e chiede tagli drastici, e il premier di turno frena e suggerisce pazienza. Stavolta le parti sembrano rovesciate: nel palazzo di Via Venti Settembre si sta lavorando a un Documento di Economia e Finanza abbastanza «tradizionale», mentre l’inquilino di Palazzo Chigi spinge e insiste per inserire norme aggressive e «rivoluzionarie». E in queste ore Renzi sta facendo il diavolo a quattro perché il «Def» contenga anche uno dei suoi pallini: la virtuale abolizione delle Camere di Commercio.
Da segretario del Pd Matteo Renzi nel suo progetto di «Jobs Act» (poi largamente rimasto sulla carta, finora) indicò tra l’altro la necessità di eliminare l’obbligo di iscrizione alle Camere di Commercio, e l’attribuzione delle loro funzioni a uffici dei Comuni e dei ministeri. L’idea è quella di evitare alle aziende una serie di adempimenti, e soprattutto di costi, visto che la quota di iscrizione vale da 88 euro per le piccolissime imprese a 30-40mila per quelle molto grandi. Ovviamente l’operazione sarebbe disastrosa per il sistema delle Camere di Commercio, che sono enti autonomi di diritto pubblico. Secondo alcuni enti utili, secondo altri carrozzoni corporativi che con le loro moltissime strutture e aziende collegate, come scrisse a suo tempo l’allora sindaco di Firenze, «non fanno nulla di male di solito, ma raramente fanno anche qualcosa di buono, a essere sinceri».
La decisione finale, su questo e altri punti, non è stata ancora presa. Ancora ieri è proseguito il lavoro di elaborazione del Def, che sarà presentato ufficialmente martedì. Non ci sono ormai dubbi sul quadro previsionale macroeconomico: la crescita del Pil prevista per quest’anno sarà stimata allo 0,8%, mentre il deficit atteso sarà al 2,6% del Pil. Allo stesso tempo il piano di rientro del debito, nota dolente per il nostro Paese, dovrebbe essere confermato nei tempi e nei modi stabiliti finora, rimandando ogni possibile contrattazione sul fiscal compact con Bruxelles all’estate, ovvero al semestre italiano di presidenza europea. Tra le ipotesi quella di risparmiare 2,5-3 miliardi sulla spesa per interessi sul debito pubblico, grazie al calo dello spread.
Il documento conterrà anche le indicazioni sul piano di riforme economiche e fiscali che l’Esecutivo intende portare avanti, mentre un capitolo potrebbe contenere le linee guida della spending review, che dovrebbe generare quest’anno risparmi per 3,5-4 miliardi. È in arrivo, nonostante i tentativi del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, un maxitaglio della dotazione per la sanità, che dovrebbe aggirarsi sui 2-2,5 miliardi.
Nel documento non dovrebbero essere contenuti i dettagli del piano che servirà a coprire il taglio dell’Irpef, ma rientreranno con ogni probabilità i grandi numeri previsti anno per anno, senza una specifica dei singoli interventi. Quelli arriveranno la settimana dopo, in coincidenza appunto con il decreto che taglierà le tasse, come ribadito anche dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Delrio, per 10 milioni di italiani. Le coperture necessarie ammontano a 7,7 miliardi di euro, che secondo il viceministro all’Economia Enrico Morando saranno trovate nei tagli alla spesa. Tra questi potrebbe esserci anche una eliminazione di alcune detrazioni fiscali oggi concesse. Ed è probabile che per i nuclei familiari in cui tutti e due coniugi lavorano, si faccia in modo di evitare che ricevano due bonus da 80 euro mensili.
roberto giovannini