Italia
L’ultima battaglia M5S
“Limitare i giornalisti
dentro Montecitorio”
Riaffiora la tentazione di limitare il lavoro dei giornalisti in Parlamento. Ci riprovano a Montecitorio i 5 Stelle che hanno chiesto e ottenuto dalla presidenza della Camera l’istituzione di un gruppo di lavoro per disporre «regole più rigorose» per l’accesso di «gruppi di pressione e stampa parlamentare». Insomma per i grillini lobbisti e cronisti accomunati e ristretti in appositi «spazi». «E magari a decidere chi entra o no saranno i politici: un’ingerenza inaccettabile» dice Alessandra Sardoni, presidente dell’Associazione stampa parlamentare.
Chi in Transatlantico ci ha vissuto, si è fatto le ossa ed è diventato una firma del giornalismo politico nella Prima e nella Seconda Repubblica è convinto che alla fine non se ne farà nulla. Prendi Augusto Minzolini, che ne ha viste e raccontate di tutti i colori per La Stampa. «Se non ci fossero stati e non ci fossero i cronisti, la politica verrebbe raccontata come vorrebbero i partiti. La generazione giornalistica alla quale ho appartenuto ha origliato, anche “rubato” frasi e in quelle occasioni si è capito molto di più di mille dichiarazioni ufficiali. Mi ricordo quando io e Guido Quaranta ci siamo travestiti da inservienti delle pulizie e ci siamo infilati nella sala dove erano riuniti i gruppi parlamentari della Dc, scoprendo che quel partito stava puntando su Scalfaro per il Quirinale. Un’altra volta Quaranta seguì Forlani alla barberia e mentre il leader Dc si faceva lo shampoo confessò che non avrebbe dato il via libera alla segreteria De Mita». Aneddoti e indiscrezioni che hanno segnato fasi della politica fino ai nostri giorni. Dice ancora Minzolini: «Se certe cose non fossero state raccontate non sarebbero nati nemmeno i 5 Stelle». Concorda Paolo Franchi, una vita passata per il Corriere della Sera su e giù per il Transatlantico che considera «terrificante e totalitaria» l’idea dei pentastellati. «È un’idea ricorrente che ora emerge da una setta come i 5 Stelle. Nemmeno ai tempi del Pci c’era la voglia di tenere le cose così segrete: dopo i Comitati centrali leggevi l’Unità e venivi a conoscenza del dibattito che c’era stato». È vero, spiega il direttore del Tg 5 Clemente Mimun, «ma è una cosa ancora più bizzarra che a volere queste limitazioni sia un movimento che vuole essere rivoluzionario. Bisogna esserci per raccontare cosa succede. Ricordo quando nel 1976, avevo 23 anni e lavoravo per l’agenzia Asca, entrai nella stanza dove si era tenuto l’incontro tra Craxi e Berlinguer e ricostruimmo tutto dagli appunti che avevano lasciato sui tavoli».
AMEDEO LA MATTINA