Esteri
Romania, nella tana
degli hacker
che truffano il mondo
Viaggio a Râmnicu Vâlcea capitale delle frodi
su Internet: boom di siti ad hoc e money transfer
Viaggio a Râmnicu Vâlcea capitale delle frodi
su Internet: boom di siti ad hoc e money transfer
Il viaggio in treno da Bucarest verso la regione dei Carpazi meridionali dura circa sei ore. Il paesaggio è dapprima piatto, simile alle terre basse della Pianura Padana, ma dopo qualche ora si comincia a respirare un’aria premontana. I pendolari salgono e scendono da piccole stazioni prive di pensiline. Osservo carri agricoli trainati da cavalli, covili d’erba, capannoni diroccati e impianti industriali in disuso. Non ci si deve stupire: la Romania è uno dei Paesi più poveri dell’Unione europea, dove il salario medio non supera i 423 euro al mese e i trattori sono una rarità (uno per ogni 54 ettari). L’ultima stazione del mio viaggio è Râmnicu Vâlcea. Nel 1966 il regime comunista vi fece costruire un gigantesco impianto chimico. Ma la OltChim ha dichiarato bancarotta nel 2012 e i turisti stranieri preferiscono andare alla ricerca del fantomatico conte Dracula in Transilvania. Eppure questa città è miracolosamente sfuggita alla povertà del Sud-Ovest romeno grazie ad un’industria molto particolare: il cybercrime.
Dalla metà degli Anni Novanta, Râmnicu Vâlcea si è specializzata in frodi su Internet. All’inizio le vittime venivano trovate su Ebay. Chi vinceva l’asta pagava prima di ricevere la merce oppure, per gli acquisti più sostanziali, doveva far fronte a spese doganali o di spedizione fittizie. Ben presto, i consumatori occidentali hanno cominciato a diffidare delle offerte provenienti dall’Est Europa. Così le truffe online sono diventate più sofisticate. I venditori sembrano risiedere negli Stati Uniti o in Inghilterra, e i pagamenti vengono indirizzati verso banche rispettabili. Ogni dettaglio è credibile. Il capo della sezione informatica della polizia mi mostra un sito Internet all’apparenza impeccabile, che affitta appartamenti e ville per le vacanze e contiene anche una sezione per le recensioni. Quando il cliente contatta il padrone di casa, questi è in grado di mostrare copie di documenti che attestano la proprietà dell’immobile ed è anche disposto a descrivere al telefono le amenità del luogo di villeggiatura. Per aumentare la propria credibilità, l’agenzia permette al cliente di pagare attraverso un sito terzo di garanzia, pure questo falso. Persino i numeri di fax usati nella corrispondenza ufficiale non corrispondono ad alcuna linea telefonica terrestre: un programma converte i fax in arrivo in email. La mente di questa frode si nasconde in un appartamento di Râmnicu Vâlcea.
Una volta sceso dal treno, mi avvio verso il centro. Caffè, bistrò e ristoranti alla moda sono dovunque in questa cittadina di 92.000 abitanti. Mi fermo all’Accademia del Gusto, un ottimo pub specializzato in cibo italiano. Il mio albergo, costruito tre anni fa e costato tre milioni e mezzo di euro, vanta uno chef spagnolo e stanze comode e spaziose, a prezzi modici. Si trova proprio di fronte alla decrepita stazione di polizia. I segni della ricchezza privata sono evidenti: i due centri commerciali sulla piazza principale hanno cinque piani di negozi che vendono vestiti griffati, elettrodomestici, computer, accessori sportivi e gioielli, oltre ad ospitare un cinema, ristoranti, bar e pasticcerie. Una concessionaria della Mercedes-Benz è a pochi passi di distanza.
In città si trovano anche decine di agenzie specializzate nel trasferimento internazionale di denaro in contanti, come Western Union e MoneyGram. È questo lo strumento più diffuso per far arrivare i proventi delle truffe informatiche a Râmnicu Vâlcea. Vi sono alcune accortezze da seguire: la cifra non deve superare i 5.000 euro e non si può usare sempre la stessa filiale per riscuotere il denaro. Non stupisce quindi che vi siano 64 sportelli di Western Union a Râmnicu Vâlcea, uno per ogni 1.446 persone. Questa è la concentrazione maggiore dell’intero paese: ad esempio a Bucarest il rapporto è di una filiale per ogni 8.118 persone (a Novara, una città più popolosa di Râmnicu Vâlcea, se ne possono trovare solo 24, una ogni 4.375 abitanti). Mi fermo circa un’ora a osservare la fila allo sportello di Western Union al piano terra del centro commerciale: giovani, donne, ragazzini e anziani ritirano denaro, chiacchierano, si salutano e si dileguano nei meandri di questa improbabile cattedrale del consumismo. A pochi metri di distanza c’è la filiale di MoneyGram.
Secondo i magistrati di Râmnicu Vâlcea almeno mille persone lavorano a tempo pieno alle frodi informatiche. Decine di gruppi sono organizzati sulla base di una ferrea divisione del lavoro: giovanissimi appassionati di computer vengono reclutati da menti criminali in grado di usare la violenza. I guadagni sono astronomici: una gang arrestata un anno fa aveva ricavato in poco tempo un milione e 400 mila euro. Queste mafie virtuali, sempre descritte come liquide e anonime, beneficiano di una rete di contatti e di protezioni molto solide e terrestri. Chi preleva il denaro nelle banche straniere e lo invia attraverso Western Union oppure lo trasporta in macchina o in aereo, conosce i capi locali, mi conferma il mio informatore. Incontrarsi di persona è una delle strategie migliori per cementare la fiducia reciproca, negli affari legali come in quelli illegali. E poi c’è la corruzione. Il vice questore di Râmnicu Vâlcea, Gabriel Popa, per esempio, è stato arrestato quattro mesi fa per aver rivelato informazioni riservate ad una gang di criminali informatici, e una mattina di marzo sono stato svegliato dalle sirene e da un generale trambusto: di fronte alla mia finestra veniva arrestato un omonimo del vice questore, Alexander Popa, un poliziotto anch’egli accusato di aver passato informazioni riservate, in questo caso ad una gang guidata da Nicolae Vasile che ha sottratto di recente 200.000 euro a circa 600 vittime inglesi. La pena per i due funzionari? Trenta giorni agli arresti domiciliari.
Anche i politici sono coinvolti. Il senatore socialista eletto a Râmnicu Vâlcea, Laurentiu Coca, è stato intercettato mentre era al telefono con Mihai Obreja, detto Labus, il boss di una pericolosa gang locale che, oltre ai crimini informatici, si dedica all’usura e all’estorsione. La conversazione tra i due non era delle più amichevoli: «Restituisci i soldi che ti sei venuto a prendere a casa mia, o sei fottuto», dice Obreja al senatore. In un’altra intercettazione, un membro del clan minaccia di tagliare le mani ad un cliente moroso. A riprova che la corruzione è diffusa, il sindaco eletto nel 2012 è stato condannato in via definitiva a quattro anni per una storia di tangenti. Chi denuncia i legami tra potere e criminalità organizzata viene minacciato e aggredito, come è successo a Romeo Popescu, proprietario e direttore del quotidiano locale Vocea Valcii.
Mentre mi accomodo in uno dei café frequentati da queste gang e le osservo vantarsi delle loro gesta, penso che il modernissimo cybercrime prospera grazie a reti sociali diffuse, in luoghi dove le istituzioni locali non hanno la forza di combattere la corruzione. Come la campagna rumena punteggiata da carri agricoli e covoni di fieno, anche questa criminalità ha un sapore antico.
federico varese