Cultura
Rinasce “Il libro di Johnny”
l’opera mancata di Fenoglio
Gabriele Pedullà affronta il progetto originario dello scrittore
ricomponendo Primavera di bellezza e Il partigiano Johnny
Gabriele Pedullà affronta il progetto originario dello scrittore
ricomponendo Primavera di bellezza e Il partigiano Johnny
Lo scrittore ha un po’ più di trent’anni, ha pubblicato due libri con Einaudi - una raccolta di racconti e un romanzo breve -, e si sente pronto per la grande intrapresa. Ha fatto il liceo classico e poi la guerra, soldato del Regio Esercito, partigiano in due diverse formazioni e infine interprete per gli agenti inglesi paracadutati dietro le linee. E questa storia ora vuole raccontare, facendone epica, letteratura, non memorialistica, ricerca linguistica, non testimonianza.
Beppe Fenoglio ha cominciato a scrivere della guerra appena dopo che è finita. Racconti, una cronaca eroicomica dei 23 giorni in cui Alba fu «liberata» dai partigiani, appunti per una storia di un partigiano che si chiama come lui, Beppe. Ma quello che inizia a fare nel 1956 è tutt’altra cosa.
Sulla base di un testo con parole e sintassi inglesi, che poi lui «traduce» in un italiano che vuole «nuovo, agile, veloce, secco», racconta la storia di un ragazzo, Johnny, che diventa uomo tra l’estate del 1940 e la primavera del 1945. È un romanzo di formazione, scritto in stile epico, che segue per diverse centinaia di pagine il suo protagonista e racconta la sua traiettoria, sempre più solitaria, all’interno della guerriglia combattuta sulle Langhe, che nelle intenzioni dell’autore si intitola Primavera di bellezza. È il progetto («il ciclo», dice lui) che per la prima volta viene ricostruito nella sua integrità da Gabriele Pedullà in Il libro di Johnny (Einaudi, pp. 791, euro 28,00).
Pedullà mette insieme testi pubblicati da Fenoglio in vita e testi postumi (lo scrittore morì nel 1963, a 41 anni non ancora compiuti), taglia e cuce senza esitazioni, certo di interpretare la volontà originaria di Fenoglio, confortato da testimonianze più o meno dirette e dalla documentazione giunta fino a noi (non abbondante, a dire il vero), più che altro sotto forma di lettere da e agli editori.
Ma l’operazione regge ed è, anzi, piuttosto godibile. Diventa possibile seguire in un unico volume («il libro grosso», lo chiamava il suo autore) la storia di Johnny, dalle ronde dell’Unpa (Unione nazionale protezione antiaerea) a cui partecipa da studente al racconto dello scontro a fuoco di Valdivilla (realmente accaduto) che Johnny vive da partigiano.
«Poi Pierre lo guardò e gli sorrise, tristemente ma a cuore pieno. E nell’inizio della marcia gli venne a fianco e a fianco gli marciò, e Johnny si sentì bene come non più da secoli, e la gioia era doppia per sapere che anche Pierre stava bene come non più da secoli. Ma, più avanti, Pierre s’aggrottò e disse a Johnny che era stato un pasticcio. - Ma andava fatto, - disse Johnny, guardando il cupo, ma non ostile cielo».
Il libro di Johnny si chiude così. Chi ha familiarità con Fenoglio sa bene che i suoi finali sono quasi sempre aperti, spesso non per scelta. Molti testi sono monchi, non finiti, sospesi, e dunque (forse involontariamente) modernissimi. Il fascino di Fenoglio nasce anche da questa contingenza, che la nuova sistemazione del ciclo partigiano non risolve, per fortuna.
Fenoglio finì il primo volume della sua Primavera di bellezza nell’estate del 1958 e lo inviò al nuovo editore, Livio Garzanti, e al suo emissario, Pietro Citati. Erano trecento pagine, si chiudevano con Johnny che saliva le ancestrali colline: «Non sarebbe più sceso in città, pensava salendo alla collina nella notte violetta, se lascerò quella collina sarà soltanto per salire su una più alta, nell’arcangelico regno dei partigiani».
Né Garzanti né Citati furono impressionati. E Fenoglio, che della seconda parte del suo «libro grosso» non aveva dato neppure un’anticipazione, se ne rese conto subito. Ci furono lettere, ripensamenti, marce indietro e salti in avanti, fino a quando - di sua iniziativa - l’autore decise di ridurre quel primo volume, di aggiungervi tre capitoli con l’ingresso di Johnny tra i partigiani (e la sua morte) e di mettere in un cassetto ciò che aveva tagliato e le stesure di quello che sarebbe stato il secondo volume.
Da quel cassetto uscirono solo dopo la sua morte, scoperte e pubblicate nel 1968 da Lorenzo Mondo con il titolo Il partigiano Johnny e ora - quasi sessant’anni dopo essere stati scritti - riattaccati a quel «primo volume» inviato a Garzanti (del quale tra l’altro non esistono copie). Fenoglio forse non ha scritto romanzi in senso stretto, ma le storie dei suoi libri quasi sempre lo sono.
Piero Negri