ebook di Fulvio Romano

sabato 18 aprile 2015

L'università di amianto che abbiamo frequentato (era meglio Palazzo Campana...!)

LA STAMPA

Italia

Ateneo chiuso per amianto

Sedicimila studenti “sfrattati”

Torino, Guariniello accusa l’università: vent’anni di inerzia sulla salute

Tocca cominciare da qui: giugno 1990, il verbale del consiglio di amministrazione dell’Università di Torino è quasi una confessione: l’ateneo, ai suoi massimi livelli, è a conoscenza dell’amianto che infesta Palazzo Nuovo e di quanto sia pericoloso. Venticinque anni dopo sarebbe ingeneroso sostenere che siamo allo stesso punto, eppure da ieri Palazzo Nuovo è chiuso. È la prima volta: studenti a casa per dieci giorni, l’unico via vai nel palazzo attorno a cui gravitano 16 mila persone è quello degli ispettori dell’Asl. Da mercoledì trascorrono le giornate - e pure qualche notte - dentro questo scatolone fuori tempo e fuori contesto, tra piazza Castello e piazza Vittorio, da quasi cinquant’anni sede delle facoltà umanistiche. Li ha sguinzagliati il sostituto procuratore Raffaele Guariniello: il sopralluogo rivela che i linoleum delle scale e di alcuni magazzini, e i condizionatori di alcuni uffici sono contaminati e pericolosi: l’Asl ordina la chiusura di alcune zone dello stabile e Guariniello contesta al rettore l’omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. 

Un’accusa pesante. Un cambio di passo: dai verbali si sfocia nel penale, si ipotizzano reati, si ritiene che l’ateneo non voglia affrontare il pericolo e debellarlo una volta per tutte. Per tutta risposta il rettore, Gianmaria Ajani, un giurista eletto due anni fa, decide di chiudere tutto l’edificio fino al 27 aprile. Un braccio di ferro o poco. 

Ajani si dice offeso, Guariniello tira dritto: era tutto noto, tutto chiaro, si sapeva come e dove intervenire ma nessuno se l’è presa a cuore. La città assiste un po’ interdetta: l’amianto a Palazzo Nuovo è storia vecchia, ma per la prima volta le lezioni sono sospese per consentire ai tecnici di valutare la situazione e proporre i rimedi, mentre gli ispettori dell’Asl preparano la relazione che lunedì depositeranno in procura e da cui potrebbero germogliare nuove prescrizioni e - chissà - nuove accuse. 

Guariniello ha aperto il primo fascicolo undici anni fa. Nel 2012 ne ha aperto un secondo: due professori, dopo aver frequentato Palazzo Nuovo per trent’anni, si erano ammalati di mesotelioma ed erano morti. Stessa sorte, lo scorso anno, per un ex bibliotecario. Amianto, sempre lui, un germe che non vuole abbandonare questo palazzo squadrato, piuttosto detestato da studenti e professori eppure mai abbandonato perché è l’unica grande sede dell’Università in pieno centro. Progettato nel 1961 dall’architetto Gino Levi Montalcini, fratello del premio Nobel Rita, e costruito con una corazza di amianto per motivi estetici. La prima relazione dell’Asl risale al 1999: le lastre della facciata contengono amianto. Sono rotte, deformate. Sono ovunque, anche nel cortile interno, dove si sta realizzando una biblioteca, ammassate tra le macerie. Le analisi dovrebbero far suonare più di un campanello: «crisotilo e crocidolite», amianto dei più pericolosi. 

L’Asl controlla tutta la facciata. Scrive all’ateneo: «A Palazzo Nuovo vi è una situazione di rischio di dispersione di fibre di amianto nell’ambiente e di pericolo per la salute». Le lastre vengono rimosse ma le fibre, attraverso i condotti di aerazione, si insinuano nei condizionatori dell’aria e da lì dentro l’edificio. Comincia una nuova battaglia: controlli, prescrizioni, verbali. Il resto è storia di ieri. 

andrea rossi


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