Italia
“Non diede l’allerta alluvione”
Paita indagata in Liguria
La candidata Pd accusata di concorso in omicidio colposo e disastro
Il suo legale: se fosse intervenuta lei, avrebbe compiuto un abuso
La candidata Pd accusata di concorso in omicidio colposo e disastro
Il suo legale: se fosse intervenuta lei, avrebbe compiuto un abuso
La notte del 9 ottobre del 2014 Genova si ritrova sommersa da un fiume di fango e morte. È il torrente Bisagno a rompere gli argini, proprio come fu per il rio Fereggiano, che tre anni prima provocò sei vittime.
Il disastro rimette a nudo la completa impreparazione della macchina dell’emergenza. E ancora una volta, come fu per l’ex sindaco Marta Vincenzi, è il big di turno a essere travolto dall’inchiesta giudiziaria sulle falle nella prevenzione: Raffaella Paita, assessore regionale alla Protezione Civile e candidata alla poltrona di governatore per il Partito Democratico, è indagata insieme alla dirigente Gabriella Minervini per disastro e omicidio colposo.
Le similitudini fra le due tragedie si fermano qui. C’è una differenza fondamentale nella lettura complessiva che la magistratura dà di quegli eventi: nel 2011 il problema fu che il Comune ignorò gli allarmi, e in un contesto di “Allerta 2”, non chiuse strade e scuole a rischio (un errore a cui, secondo l’accusa, i vertici di Palazzo Tursi tentarono di rimediare fabbricando un documento falso per evitare figuracce politiche e guai penali); nell’autunno scorso accade tutto il contrario: nonostante le piogge torrenziali che cominciano a picchiare sull’entroterra già in mattinata, gli enti che dovevano funzionare come gestori dell’emergenza sottovalutarono la situazione e si comportarono come se fosse un giorno di ordinaria amministrazione.
Gli svarioni e le negligenze, ricostruiti dai pubblici ministeri Patrizia Ciccarese e Gabriella Dotto, partono dalle previsioni sbagliate dei tecnici di Arpal e arrivano fino ai responsabili della Protezione civile regionale, che, alla vigilia della calamità, se ne andarono tutti a casa a cenare alle 18. I primi emettono i bollettini sulla base dei quali questi ultimi dichiarano lo stato di Allerta 2. Su questa disposizione si basano a loro volta le contromisure in fatto di ordine pubblico del Comune e della Prefettura. La macchina, dicono gli inquirenti, si è inceppata proprio qui, nello snodo di cui è responsabile l’assessore alla Protezione civile, ovvero Raffaella Paita, che nei giorni successivi al disastro, scomparve letteralmente dalla scena pubblica. A novembre la candidata presidente della Liguria viene convocata a palazzo di giustizia e si difende: «In effetti non vigeva l’apertura 24 ore su 24, prevista in casi eccezionali, ma il fatto è che non c’era l’allerta. Ero a Villanova d’Albenga, mi precipitai nella sala operativa tra le 23,30 e le 23,45 poco dopo essere stata avvertita». Una linea che era stata di fatto anticipata da Claudio Burlando, che aveva addebitato pubblicamente la responsabilità delle previsioni sballate alla défaillance di un «modello matematico» utilizzato dai meteorologi.
In quel momento Paita (che sarà ascoltata lunedì) non è ancora indagata. Dice di essere stata tranquillizzata dai suoi tecnici, e in particolare dai toni ottimistici dei bollettini diffusi nel tardo pomeriggio da Arpal; secondo, su quella poltrona, dice, siede da un tempo troppo breve per fare rivoluzioni, ma sufficiente per accorgersi che la struttura della protezione civile ereditata presenta gravi falle. Dopo le 22 il Bisagno straripa e uccide l’infermiere Antonio Campanella. «Raffaella Paita ottenne rassicurazioni dai tecnici - spiega il suo avvocato Massimo Corradino - Ha agito correttamente. Se avesse tentato di forzare decisioni che spettavano ad altri avrebbe compiuto un abuso».
marco grasso
roberto sculli