Italia
Quella bomba d’acqua nella città
premiata per la prevenzione
Senigallia aveva superato l’esame del ministero e di Legambiente
Senigallia aveva superato l’esame del ministero e di Legambiente
Alla (fosca) luce del disastro attuale, la bandiera «Fiume sicuro» sembra quasi una beffa. Eppure nella mappa nazionale del dissesto idrogeologico, su 5.581 municipi italiani, Senigallia è stato l’unico comune promosso a pieni voti nel monitoraggio effettuato da Legambiente e dal dipartimento per la Protezione civile. Secondo tutti i parametri di sicurezza del territorio e stando al rapporto «Ecosistema rischio», quello che è successo nella località-simbolo del litorale marchigiano non sarebbe mai potuto accadere. Una «garanzia» certificata anche dal ministero dell’Ambiente e dall’unione delle province sulle misure intraprese per ridurre il pericolo-alluvioni al minimo. A meritare a Senigallia un 9,5 in pagella erano stati proprio gli interventi di delocalizzazione perché «non sono presenti abitazioni e industrie in aree a rischio idrogeologico e viene svolta un’ordinaria attività di manutenzione delle sponde e delle opere di difesa idraulica».
Un premio che adesso stride clamorosamente con una realtà fattuale da «stato di emergenza». Insomma il primato italiano assegnato al municipio ora sott’acqua era il solo in Italia ad «essersi dotato di un piano urbanistico di emergenza aggiornato, ad aver organizzato soddisfacenti iniziative di informazione rivolte alla popolazione e perimetrazioni delle aree». Nessuno conosce meglio la zona colpita del geologo marchigiano Enrico Gennari. «A differenza dei terremoti, questi deflussi sono eventi prevedibili quindi la scienza permetterebbe di non trovarsi impreparati- puntualizza Gennari-. Si scontano le conseguenze di pianificazioni non compiute correttamente». Ponti telefonici in tilt, black-out elettrici, strade invase da frane. Da pochi giorni la giunta regionale aveva stanziato 350mila euro per i lavori della cassa di espansione nella località Bettolelle-Brugnetto a difesa di Senigallia. Antonio Senni, il commissario straordinario inviato dal governo, segnalava da tempo l’urgenza di intervenire. Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera, incrocia «bombe d’acqua, fenomeni metereologici estremi che crescono di intensità a causa dell’effetto serra» e una «deficitaria gestione del territorio». Ad ottobre a Montecitorio ci si era accordati sulla richiesta di 500 milioni per la messa in sicurezza delle zone critiche. «Poi però il governo ne ha destinati solo 30», osserva Realacci.
In cinquant’anni la mancata prevenzione ha provocato «danni per 240 miliardi di euro e migliaia di morti». Malgrado ciò « si continua a costruire senza regole lungo fiumi privi di manutenzione». Così la cartina dei disastri si allarga ogni volta: Sardegna, Abruzzo, Marche. Per il periodo 2014-2020 l’Ue stabilisce che il 20% dei fondi che «l’Italia spende male o non riesce a spendere» serva ad attrezzarsi per le emergenze. Intanto in una spettrale Senigallia il vento contrario che soffia dal mare impedisce l’assorbimento delle masse d’acqua portate dai fiumi. L’alluvione non è ancora passata.
GIACOMO GALEAZZI