Da La Stampa di oggi:
E ora i grillini tentano il Pd
con le maggioranze variabili
Il M5S apre al taglio della tassa sulla casa solo per i più poveri: e spiazza
Abile mossa tattica dei grillini, che delle due l’una: o non sono così primitivi come qualcuno li dipinge, oppure hanno già imparato le malizie della politica. Il loro capogruppo Crimi promette un «sì» alla cancellazione dell’Imu sulla prima casa, che corrisponde al punto 17 del programma a Cinque Stelle. Fin qui nulla di strano. Nello stesso tempo modula l’offerta in modo tale da dividere il Pd (o perlomeno provarci) e da stringere nell’angolo il Cavaliere. Mette cioè come condizione che dall’Imu vengano esentate solo ed esclusivamente le fasce di reddito più basse, laddove chi se lo può permettere dovrebbe continuare a pagarle «anche sulla prima casa». E qui sta l’insidia, in quanto l’argomento è un richiamo forte alle ragioni dell’equità, quelle stesse motivazioni per cui in fondo sinistra e destra non sono né saranno mai la stessa cosa. Berlusconi notoriamente vorrebbe meno tasse per tutti, benestanti compresi, nella convinzione che la ricchezza sia una manna del Cielo; dunque l’Imu va cancellata a prescindere. Ieri l’ha ribadito.
Nel Pd, invece, mai come in questo momento ci si chiede «chi siamo» e «cosa vogliamo». L’insofferenza della base, l’occupazione delle sedi, il congresso in arrivo: sono in molti a non comprendere per quale ragione Letta dovrebbe cedere ai «diktat» berlusconiani, quando la nuova tassa sulla casa potrebbe essere riscritta d’intesa con Grillo. Si affaccia nella XVII legislatura il fantasma delle maggioranze «a geometria variabile», con i Democrats che cercano alleati un po’ qua e un po’ là fino a quando il gioco regge. E non soltanto sull’Imu. Le forti convinzioni del ministro Kyenge in tema di immigrazione, di cittadinanza, di centri d’accoglienza si annunciano come un ulteriore laboratorio di reazioni chimiche tra Pd e M5S. Idem sul nodo dei diritti. E non è nulla, a fronte di quanto potrà accadere il giorno in cui la riforma costituzionale affrontasse tabù come il presidenzialismo... Schifani, che di Crimi è dirimpettaio, già mette in guardia il governo: «Le maggioranze variabili su temi sensibili porterebbero a gravi danni». Se Letta si affida ai grillini, fa intendere Schifani, la sua sorte è segnata.
Il premier non ha bisogno che qualcuno glielo rammenti. Il suo rapporto col centrodestra regge al punto che un contributo di Ferrara, sul «Giornale» di ieri, veniva titolato: «Perché Letta-Alfano è la coppia giusta». Ma l’eventualità che il Pd possa farsi tentare da Grillo, quella sì viene messa in conto nello stato maggiore berlusconiano. Dove a tutto si sta pensando, tranne che a provocare crisi di governo. C’è stato negli ultimi giorni un generale, evidente abbassamento di toni. Unghie tagliate ai «falchi», grande tubare di «colombe». La rimozione della Biancofiore dalle Pari opportunità è stata incassata senza batter ciglio. Sull’Imu, Berlusconi continua a sventolare la sua bandiera ma sembra ora accontentarsi che intanto venga cancellata la rata di giugno, il resto si vedrà... Anche questo apparente sangue freddo, così come la mano tesa di Grillo, è figlio di un calcolo politico; pure in questo caso, la sfida è rivolta al Pd orfano di una leadership e dunque esposto a tutte le scorribande. Confida Brunetta, che nelle gerarchie Pdl è molto più in alto di quanto si possa pensare: «Se esplosione ci sarà, la scintilla scoccherà a sinistra. Se il governo Letta cadrà, sarà colpa degli altri... Da quella parte debbono ancora elaborare il lutto della mancata vittoria, e nell’attesa rimettono in campo l’anti-berlusconismo. Noi li aspettiamo sereni e tranquilli. Naturalmente, venderemo cara la pelle». E il Cavaliere, nei test di sopravvivenza, non teme rivali.
ugo magri
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