ebook di Fulvio Romano

lunedì 20 maggio 2013

Il Lingotto di Renzi...

LA STAMPA

Italia

Renzi: “M5S ridicolo

presto si spaccherà”

E Veltroni lo incorona

Folla al Lingotto di Torino: “I grillini? Rivoluzionari degli scontrini”

Sapremo tra qualche tempo se ieri al Lingotto di Torino, dove nel 2007 fu battezzato, il Pd ha vissuto un salvifico ritorno alle origini, oppure solo uno spasmo editoriale. Con gli occhi della cronaca, la giornata in cui nell’affollatissimo Salone del Libro il leader di allora Walter Veltroni presenta (proprio nella sala gialla, con tanto di video-amarcord) il suo «E se noi domani» (Rizzoli) e nell’auditorium il leader di domani Matteo Renzi il suo «Oltre la rottamazione» (Mondadori), si riassume così: Veltroni rimpiange di non aver fatto fuori tutta la burocrazia ex Pci ed ex Dc quando poteva «ma erano tutti ministri, un minuto dopo sarebbe caduto il governo Prodi», poi incorona Renzi come «il miglior candidato premier possibile» e gli riconosce continuità con il progetto del 2007; Renzi sfida il M5S, garantisce che non farà il segretario del Pd, anche perché «ci sono più candidati che elettori»; entrambi si pronunciano per l’elezione diretta del presidente della Repubblica, sparano su Bersani e spendono parole incoraggianti per Sergio Chiamparino (ma con un certo grado di prudenza).

Pirotecnica la performance di Renzi, nella maestosa scatola di ciliegio progettata da Renzo Piano. Entrata in scena stile-Amici: gridolini dalla platea, gran sventolio di smartphone, look con sneakers, jeans e giubbottino striminzito di tela blu «ma non è quello di Amici, un altro e comunque non solo ci vado da Amici, ma se mi chiamano ci torno pure» perché solo la sinistra elitaria e moralista può pensare che «se uno è bravo a comunicare significa automaticamente che non ha niente da dire».

Battute sui figli («I due più grandi sono bersaniani ortodossi, la più piccola renziana, roba da telefono azzurro, e mi prende in giro chiamandomi quasi premier») e a profusione sul Pd («Era leggermente sotto choc, e ciascuno può obiettare sull’avverbio o sul tempo passato») o racconto della telefonata di Berlusconi che gli comunica («Non mettiamo un veto su di te, è che non ti vogliamo premier. Erano tre anni che me la menavano sulla cena di Arcore, ora questa mi fa curriculum...»), le risposte sono sempre ficcanti, scosse elettriche a sollecitare le corde più pop. Critica lo smacchiatore Bersani che ha trasformato «il Pd in un detersivo, inseguendo un comico, Crozza, peraltro quello sbagliato»; spiega la rottamazione dell’idea di rottamazione («Tanti hanno capito, ma abbiamo fatto un po’ paura, nei centri anziani mi dicevano rottama tua sorella») e veltronianamente cita Kennedy e Aung San Suu Kyi (ma Veltroni, più veltronianamente, citerà Pasolini e Vittorio Foa). Poi lancia il suo nuovo slogan rassicurante: «bipolarismo gentile» al posto del «finto combattimento» odierno, «un wrestling in cui destra e sinistra si picchiano davanti a una folla eccitata, ma è tutto finto».

Del Pd, Renzi è interessato ma con distacco. Il messaggio a Epifani, che non vuole definire «traghettatore perché mi ricorda Caronte», è di non delegare il tema del lavoro al sindacato. E dunque «il Pd non può vivere di manifestazioni altrui, non se ne può più di cortei e convegni per pulirsi la coscienza, come quello ridicolo contro la povertà» o come quello di sabato della Fiom. Per Chiamparino «ammirazione autentica, nel 2009 gli dissi di candidarsi ma non lo fece, mi piacerebbe se si mettesse in gioco».

Interessante l’attacco a Grillo, che secondo Renzi «non è un buon utilizzatore di web e social network, ma uno straordinario animale televisivo, che ha costretto i talk show a rincorrerlo». Quanto ai parlamentari del Movimento 5 Stelle, «sono ridicoli rivoluzionari dello scontrino: da tre mesi sono ortodossi esecutori della linea del capo sulle questioni istituzionali, esercitano l’obiezione di coscienza solo sulla diaria. Io dico: prendetevi ’sti soldi ma governate il Paese». Renzi è sicuro che «il M5S si spaccherà non appena si discuterà di cose concrete e allora bisognerà lanciare una grande scommessa sul loro voto, ma non in politichese».

Mezz’ora dopo, Veltroni. Al di là della consonanza politica, un abisso separa i due per stile, toni, eloquio, argomenti, perfino tempi scenici. In fondo dicono le stesse cose, ma orbitando su mondi paralleli. E non solo perché Veltroni non fa battute, ma scandisce frasi come «il ma-anche è la vita», «io amo quelli che danno ragione agli altri», «noi siamo il meraviglioso prodotto di un arcobaleno». È che Walter, politico del ’900, ammonisce Matteo a non cadere in due errori. Il primo è inseguire il voto moderato senza «tenere unito quello di sinistra», tradendo lo spirito del Lingotto. Il secondo è crogiolarsi nelle certezze da talk show, senza «coltivare ispirazione e profondità, la cui mancanza mi terrorizza».

Renzi annuncia di aver eliminato dal cellulare twitter e facebook, «perché ne ero drogato», e di spendere quel tempo su libri di poesia. Così, Walter, per cominciare.

giuseppe salvaggiulo


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