Italia
Dalle Marche al Veneto il tracollo dei 5 Stelle
Consensi dimezzati, in alcune città il numero dei voti si è addirittura decimato
Consensi dimezzati, in alcune città il numero dei voti si è addirittura decimato
Da possibili roccaforti grilline a fuochi di paglia a cinque stelle. Sono passati tre mesi da quando una grande onda gialla ha travolto tutto il Paese, soffermandosi in determinate aree geografiche. Ma quell’effetto sembra già essere svanito. Dalla costa marchigiana al Ponente ligure, dalla provincia laziale fino ai comuni veneti che avevano voltato le spalle alla Lega Nord: alle scorse elezioni politiche, in molte aree d’Italia il Movimento Cinque Stelle era riuscito ad affermarsi non solo come primo partito, ma addirittura come primo schieramento politico, lasciandosi alle spalle entrambe le coalizioni di centrodestra e di centrosinistra. Oggi le cronache elettorali raccontano una realtà molto diversa.
Sembra ormai lontanissimo anche il ricordo di Parma, la prima e unica grande città amministrata dal movimento guidato da Beppe Grillo grazie al successo di un anno fa. Federico Pizzarotti resterà ancora per un po’ l’unico sindaco grillino a guidare un capoluogo di provincia: zero candidati del Movimento eletti al primo turno, nemmeno uno che potrà giocarsi la seconda chance al ballottaggio. Una batosta inaspettata e difficile da digerire, come dimostra la reazione di Vito Crimi, capogruppo al Senato, alle 19.30 di ieri: «I dati delle amministrative? Non li ho seguiti e quindi non faccio commenti perché non parlo di cose che non conosco». Nella sua Brescia, per intenderci, la candidata Laura Gamba si è fermata intorno al 7%, quando alle politiche il movimento – pur essendo sotto la media nazionale – aveva incassato un più che dignitoso 16,66%.
Ancora presto per scoprire i motivi di questo crollo, per un Movimento che aveva iniziato la sua «scalata» proprio partendo dalle liste civiche «sul territorio». Ma forse un indizio può arrivare dall’analisi dell’affluenza: così come gli altri partiti, i Cinque Stelle hanno pagato l’astensionismo. Anzi, in molti casi anche più degli altri. In tal senso Ancora rappresenta un esempio significativo: nel capoluogo marchigiano l’affluenza è stata del 58,18%, nettamente inferiore alla media nazionale. E qui, dove a febbraio il partito di Grillo aveva sfiorato il 30%, il candidato sindaco si è dovuto accontentare di una percentuale dimezzata. Lungo la costa marchigiana i numeri della débacle sono ancora più netti: a Falconara Marittima dal 30% al 5%, con il numero di voti in assoluto quasi decimato, come è successo anche in altri comuni per effetto dell’astensione; a Grottamare dal 33% al 6%; a Porto Sant’Elpidio dal 33% al 12%.
Anche nel Lazio i Cinque Stelle erano andati forte. Erano, appunto. Perché nel locale meet up di Viterbo a qualcuno sono diventati i capelli grigi: avevano il 31% e ora sono crollati al 6% (addio ballottaggio). Un disastro. E altrove non è andata meglio, visto che anche lo storico 40% di Pomezia si è ridotto a un 26%, che però dà accesso al secondo turno.
Risalendo verso quella parte di Toscana che aveva dato l’illusione di aver strappato una serie di roccaforti rosse, i pentastellati hanno dovuto fare i conti con la realtà. Al di là di Siena, che merita un discorso a parte, è interessante guardare anche ai risultati di Pisa e soprattutto Massa. Nella città della torre pendente i consensi si sono più che dimezzati (dal 21% al 10%), mentre a Massa c’è stato un vero e proprio tsunami: le politiche avevano visto un 30% di elettori votare per i Cinque Stelle, mentre questa volta il candidato Riccardo Ricciardi ha di poco superato l’11%.
E il Veneto? Dal 26% al 6% a Treviso, dal 30% al 7% ad Albisegnago, nel Padovano. Oppure dal 32% al 16% a Martellago, nel veneziano, che però vale il ballottaggio.
Niente da fare nemmeno nella cintura operaia torinese, dove Grillo si era speso in prima persona: a Orbassano il 34% di due mesi fa si è sgonfiato fino al 17%. Anche qui Highlander ha gettato la spugna.
Twitter @marcobreso
marco bresolin