ebook di Fulvio Romano

venerdì 31 maggio 2013

Via WhatsApp nasce l' "intergruppo parlamentare"...,

LA STAMPA

Italia

Il leader in battaglia per bloccare le sirene del dialogo a sinistra

Si allarga il fronte dei dissidenti pronti ad accordi con Pd e Sel

Si è incattivito. Ma perché si è incattivito tanto? Perché Beppe Grillo, nel suo ultimo iracondo post definisce Stefano Rodotà «un ottuagenario miracolato dalla rete a cui auguriamo di rifondare la sinistra»? Per l’intervista al «Corriere della Sera», in cui il Professore sostiene, tra le altre cose, che «Grillo sbaglia, la rete da sola non basta e si deve avere la capacità di confrontarsi con gli altri in Parlamento»? Anche. Ma non solo. Le dichiarazioni della ex divinità delle Quirinarie, il genio buono della lampada capace di riempire le piazze dell’indignazione popolare, non bastano a spiegare l’aggressività sgangherata del Megafono del Movimento, convinto di trovarsi di fronte alla Madre di tutte le Battaglie. Per capire la furia di Grillo bisogna partire da due parole metalliche, che abbinate finiscono per diventare quasi inascoltabili: intergruppo parlamentare. Il granello di sabbia che rischia di far saltare il suo sofisticatissimo ingranaggio.

Di che cosa si tratta? Di un’idea che galleggia in Parlamento da settimane. Un embrione di progetto su cui una sere di deputati e senatori di Sel, del Pd e del Movimento 5 Stelle, stanno ragionando per cercare di capire se esista un modo vero per rimettere in contatto le esigenze e la voglia di cambiamento di un popolo di sinistra che non riesce più a riconoscersi nella propria classe dirigente. Quelli a pensare all’autoconservazione. Loro - una platea di milioni di elettori insoddisfatti - da vent’anni disperatamente alla ricerca di quella visione solidale, condivisa e forte che proprio Rodotà sembrerebbe incarnare. E con lui Salvatore Settis. E Fabrizio Barca. Elite del progressismo democratico. Una sorta di criptonite per Superman Grillo, che da un lato ha lanciato la sua opa ostile agli elettori del Pd che vuole iglobare e dall’altro non sopporta più i suoi parlamentari «dialoganti» - e dunque eretici - che si moltiplicano all’interno del Palazzo disattendendo la linea calata dall’alto e rifiutando il sacro metodo («Voi non potete occuparvi di strategie politiche»). A cominciare da Adriano Zaccagnini che commentando il post del suo (ex?) Caro Leader, ha spiegato: «Voglio dare la mia piena solidarietà al Professor Rodotà per il modo in cui è stato apostrofato. Contro di lui si è mossa la macchina del fango. È un grande costituzionalista e deve essere trattato con rispetto». Un modo eroico per mettere la testa sulla ghigliottina? Forse. Ma la pattuglia di chi è affascinato dalle sue teorie si allarga. «Beppe non vuole un Movimento così ampio come è risultato alle politiche, Vuole contare su una falange di fedelissimi», chiosa Zaccagnini. Il contrario di quello che sostiene la ultraortodossa Laura Castelli. «Rodotà ha creduto alla macchina del fango che si è mossa contro di noi. Dovrebbe frequentarci di più».

Chiarito che cosa vuole Beppe - gladiatori pronti al sacrificio per arrivare a Gaia - che cosa vogliono invece gli architetti dell’intergruppo parlamentare, questa ipotetica nuova casa comune in cui progettare un Paese più pulito, senza i rigori da KGB dei Cinque Stelle e l’isteria fuori controllo del Partito Democratico?

Discutere, come è successo ieri all’incontro del settimanale Left, dove Salvatore Settis e Fabrizio Barca, di fronte a una platea del Piccolo Eliseo della quale facevano parte anche cinque deputati Cinque Stelle, hanno parlato della crisi di una democrazia dominata ormai da oligarchie finanziarie. Temi grillini. Declinati con maggior spessore. E da chi è formata questa nuova galassia parlamentare che potrebbe fare esplodere una parte del pianeta Cinque Stelle? In ordine sparso, e con visioni diverse: Pippo Civati, Laura Puppato, Sergio Cofferati, Corradino Mineo, Sonia Alfano e persino Roberto Giachetti, la cui proposta di legge elettorale ha prodotto la prima mossa strategica in Parlamento del Movimento. «È ora che il confronto venga fatto alla luce del sole», dice Pippo Civati, consapevole delle resistenze ancora forti all’interno dei Cinque Stelle. Un universo ultratecnologico in cui il dialogo informale avviene via WhatsApp. Peccato che a confrontarsi sulla linea messaggistica in tempo reale siano inclusi solo 69 dei 109 deputati. Sono cattivi gli altri 40? O semplicemente stanno cominciando ad aver voglia di tornare alla vita come la conoscevano un tempo, quando parlare con gli altri era non solo legittimo, ma persino piacevole?

andrea malaguti


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