Cultura
Quando un dibattito complesso
invita a riflettere e discutere
Caro Direttore, mi pare che ci sia un certo accanimento da parte di professori universitari verso personaggi come Petrini, Don Ciotti o altri che, come loro, si spendono per i meno considerati e i più poveri e per una maggior giustizia a livello mondiale. Si veda a questo proposito l’articolo del ricercatore professor Bressanini su Tuttoscienze del 29 ottobre o quello dei professori Corbellini e Defez su La Stampa di sabato 1 novembre.
Perché tacciare di essere «antiscientiste» o «folkloristiche» persone che si sono impegnate in prima persona e si sono sporcate le mani per aiutare i contadini e gli abitanti delle zone più povere della Terra? A leggere l’articolo sembrerebbe che Petrini, Don Ciotti e Vandana Shiva stiano dalla parte dei lussuriosi e dei goderecci, quando in realtà è proprio il contrario. Come si fa a rivoltare così la verità?
E’ facile parlare dall’alto di una cattedra credendo di conoscere il mondo, forse non avendolo mai visto veramente. Questi professori danno per scontato e scientifico che Ogm, coltivazioni intensive, nuovi antiparassitari salveranno il mondo dalla fame, ma siamo sicuri che sarà così e non invece che tutto ciò aumenterà ancora la povertà di tanti?
Si produrrà forse di più, ma a discapito dei più poveri. Si produrrà di più per soddisfare la gola dei popoli più ricchi, che hanno soldi da spendere e che a causa del troppo cibo si ammaleranno sempre più. Si produrrà sì nei paesi poveri, ma sarà come una nuova forma di colonialismo, non per sfamare loro, ma noi e per vendere i nostri brevetti ai popoli più poveri che si indebiteranno sempre più. Si disboscherà selvaggiamente per produrre grassi saturi, zucchero, caffè, cereali per la zootecnia , con gravi conseguenze per l’ambiente tutto e la biodiversità.
Faremo arricchire ancor più le multinazionali dei semi, dei fitofarmaci, degli alimentari, dei medicinali. Forse qualche scienziato ne sarà contento, perché queste aziende investiranno denaro per la ricerca.
In uno degli articoli si parla di cibo gettato nella spazzatura e si dice che è pura utopia pensare che anziché gettato potrebbe essere dato a chi non ha da mangiare. Secondo l’autore dell’articolo, l’unico modo per dare loro cibo è aumentare la produzione grazie a nuove scoperte scientifiche. Ma quel che si intende quando si dice che noi sprechiamo e altri muoiono di fame, non è di aumentare la produzione, ma di cambiare le abitudini alimentari di noi occidentali. Perché se tutti i popoli della terra mangiassero come americani ed europei la terra non basterebbe per produrre per tutti. Quello che si vuole dire è che siamo noi occidentali a dover cambiare abitudini mangiando meno carne (per un kg occorrono 15 kg di vegetali e il consumo di acqua è di circa 100 volte maggiore che per i vegetali).
E’ giusto che gli scienziati ricerchino nuovi metodi, che sperimentino, ma non sta a loro decidere cosa sia meglio per l’umanità. La scienza non dà sicurezze, quello che noi conosciamo della natura è una piccolissima parte e lo scienziato vero, come diceva Confucio «sa quello che sa e non sa quello che non sa» e quindi non può ergersi al di sopra di tutto. Quante volte la scienza, per presunzione o interessi, ha sbagliato. Basti pensare all’amianto, al Ddt, a tante medicine o antiparassitari, a quando si diceva che i grassi saturi idrogenati non facevano male. Lo scienziato studia, scopre, sperimenta, ma occorre una scelta politica per stabilire se una cosa è giusta e conveniente a livello globale. Come mai quasi nessuno scienziato si batte contro le multinazionali che tanti guai hanno prodotto e preferisce scagliarsi contro più facili bersagli, forse solo per screditarli perché danno fastidio? Per uno scienziato il cibo potrebbe anche essere pura chimica, mentre il cibo è anche cultura, scambio, conoscenza reciproca.
Mario
Calabresi