ebook di Fulvio Romano

domenica 14 aprile 2013

Senza il PCI Berlusconi si sente solo...

Da La Stampa una chiara disamina del marasma in cui il gruppo dirigente del PD ha gettato e sta gettando, insieme alla sinistra, anche il paese...


Prodi manda in tilt Pd e Pdl

Il gradimento del M5S per il Professore rende più difficile le larghe intese. Avanza l’ipotesi Finocchiaro



Com’era previsto, le pubbliche uscite di Bersani e del Cavaliere non aumentano la comprensione reciproca. Il segretario Pd ripete da Roma che il «governissimo» non si può fare, mica «perché Berlusconi fa schifo» è l’argomento poco lusinghiero, bensì in quanto non sarebbe segno sufficiente di cambiamento. Con l’altro che a Bari, davanti a una vasta folla, va giù piatto: o «governissimo» e scelta condivisa del successore di Napolitano, oppure di corsa alle urne (dove Berlusconi si attribuisce 4 punti di vantaggio). Inutile aggiungere chi sarebbe in quel caso candidato premier del centrodestra... Quando all’elezione del nuovo Presidente mancano quattro giorni, siamo dunque ancora in pieno delirio propagandistico.

Ma la vera buccia di banana, su cui può ruzzolare l’intesa Pd-Pdl, l’ha piazzato Grillo (o Casaleggio, chi può dirlo?). Nella lista M5S dei dieci potenziali candidati per il Colle, compaiono alcuni nomi che sembrano studiati apposta per mettere in crisi il Pd. Il più ragguardevole è quello di Prodi, ma c’è pure Rodotà (già presidente dei Democratici di Sinistra) e così anche il costituzionalista Zagrebelsky: riferimenti sicuri per tutti quanti respingono l’«inciucio» col centrodestra. Prodi si schermisce, addirittura a Lucca per un convegno ieri ha fatto finta di bastonare con un giornale arrotolato un amico che lo chiamava «Presidente»; né sembra probabile che domani, quando i grillini pescheranno dal mazzo la candidatura definitiva, spunti fuori proprio il Professore. Tuttavia il mondo prodiano è in fermento, e non quello soltanto. Renzi, nei giorni scorsi, aveva espresso una chiara preferenza prodiana per il Quirinale. Contro il Cavaliere che spera solo di sfuggire alla giustizia (intesa come patrie galere) si lancia Tabacci, leader di Centro democratico... Insomma, la sola presenza di Prodi nella hit parade a Cinque Stelle, per quanto contestata da molti grillini, è sufficiente a far sognare quanti vorrebbero l’ex premier sul Colle in funzione anti-berlusconiana. Con il Cav che già annuncia sfracelli, casomai dovesse farcela il suo più acerrimo rivale: «Ci toccherebbe davvero scappare tutti all’estero», grida dal palco di Bari.

Senonché, si domandano al vertice del Pd, «se poi molliamo un ceffone del genere al Cavaliere, dove prendiamo i voti per far partire il governo del cambiamento?». Vendola è convinto che qualche soluzione si troverebbe, qualora il nuovo Capo dello Stato mandasse Bersani a cercarsi i voti in Parlamento. La paura di non essere rieletti spingerebbe magari alcuni grillini a sostenere il governo di minoranza targato Pd... Però a Largo del Nazareno sono in pochi quelli che farebbero l’esperimento. Prevale la convinzione che, eleggendo Prodi, si correrebbe a rotta di collo verso nuove elezioni. «Una cosa folle», va ripetendo a tutti gli interlocutori Casini. Il quale si è ripreso una certa autonomia da Monti che, pure per effetto del distacco Udc, ha fatto sapere tramite «Corsera» di voler togliere il suo nome dal simbolo di Scelta Civica, non sentendosi egli uomo di partito ma riserva della Repubblica.

Tutti questi calcoli, ed altri ancora, fanno sì che la strategia delle larghe intese, quantomeno per la scelta del prossimo Presidente, nonostante tutto resista. O perlomeno: ieri sera non risultava fosse definitivamente crollata. Tuttavia, ecco spuntare un ulteriore possibile inciampo. Ai negoziatori berlusconiani, guidati da Verdini, è giunta dall’altra sponda una soffiata: martedì Bersani martedì sottoporrebbe a Zio Silvio (così l’ha accolto il sindaco Pd di Bari, Emiliano) non una rosa di 4-5 nomi, ma una candidatura secca: prendere o lasciare. La personalità che lascia interdetti i «berluscones» si chiama Anna Finocchiaro, già presidente dei senatori Pd. Il Cavaliere invece vorrebbe poter scegliere tra Marini, D’Alema, Violante, con una predilezione con quanti vengono dal vecchio Pci. Non lo confesserà mai, ma senza i «comunisti» si sentirebbe solo.