Italia
“La terrazza è crollata sul treno
per risparmiare 30 mila euro”
Indagato il progettista. Nelle carte del comune di Andora manca l’autorizzazione a costruire
Indagato il progettista. Nelle carte del comune di Andora manca l’autorizzazione a costruire
Dopo aver provocato la frana che avrebbe potuto uccidere duecento passeggeri, la terrazza di Andora incombe ancora, protesa verso il mare e sospesa nel vuoto come una spettacolare installazione di arte contemporanea, su quel che resta dell’Intercity Milano-Ventimiglia. Ottanta metri quadri di vergogna sulla collina, su Andora, sulla Liguria, sull’Italia.
Fino all’altro giorno, la terrazza era attaccata a tre palazzine (una decina di alloggi) sul costone della collina a Ovest di Andora. Seconde case costruite nel 1962, proprietari che arrivano nel week end da Firenze, Milano, Bergamo. Architettura mediocre all’alba del boom edilizio, splendida vista mare.
Sono gli anni in cui Andora comincia a essere invasa dal cemento: quello legale per 60 mila abitanti, pur avendone 8 mila scarsi, e quello abusivo: oltre tremila domande di condono a partire dal 1985, più di una ogni tre residenti neonati inclusi.
Sia pure in un periodo di far west urbanistico, il complesso edilizio risulta autorizzato sia dal Comune che dalla Soprintendenza, che deroga (e non è l’unico caso) al vincolo paesaggistico posto a tutela della collina. Nel 1992 il Comune approva anche l’ampliamento della terrazza, a sbalzo sulla collina.
Tutto regolare? Niente affatto. Primo: nell’ufficio tecnico del Comune c’è l’autorizzazione ad ampliare la terrazza, ma non quella a costruirla, sicché ci si potrebbe trovare di fronte al paradosso di aver concesso il raddoppio di un manufatto abusivo. Secondo: è sicuramente abusiva un’altra terrazza «gemella» (probabilmente tirata su quando si era allargato il parco auto dei villeggianti) e la strada di 50 metri che la raggiunge, ma il Comune se ne accorge solo ora. Terzo: la terrazza franata era in ogni caso costruita male, spiega uno dei tecnici che hanno partecipato al sopralluogo su incarico del pm: «Non era sostenuta da pali conficcati nella collina, ma semplicemente appoggiata su pilastri sulla terra nuda. Quando la terra cede, satura per le piogge, i pali reggono, i pilastri no. Sarebbero bastati 30 mila euro per renderla sicura, ma chi l’ha progettata e chi l’ha costruita hanno risparmiato».
Si capisce perché il procuratore di Savona, Francantonio Granero, abbia indagato il progettista della terrazza per disastro colposo, sequestrato l’intero ufficio tecnico del Comune (provvedimento senza precedenti e che oggi sarà ammorbidito) e apra «un’indagine a 360 gradi» su tutta l’attività edilizia della cittadina «perché dalla gestione del territorio germinano i reati più gravi, anche di criminalità organizzata».
«Non solo abbiamo costruito tanto, ma anche male», ammette il sindaco Franco Floris, che sta per lasciare dopo dieci anni. «A me non solo l’indagine della Procura non fa paura, ma fa piacere, finalmente alzerà il velo su una trentina di persone tra costruttori, professionisti e funzionari pubblici, che facevano di tutto e senza regole».
In effetti, un paio di anni fa in Procura si favoleggiava di un «carrello Andora» carico di fascicoli giudiziari. «Cento pratiche hanno vivisezionato - prosegue il sindaco - e sempre hanno concluso che il fatto non sussiste. Ma ora che guarderanno le vecchie lottizzazioni tremeranno le cricche».
«Quella di Andora - sospira Sergio Uras di Legambiente - è una vicenda emblematica dell’aggressione al territorio della Liguria». Che si è guadagnata una serie impressionante di primati negativi nel dossier «Cemento Spa» realizzato dall’associazione ambientalista. Prima regione del Nord per illeciti edilizi e urbanistici, 33 ogni cento chilometri quadrati, cinque volte più della Lombardia. E Imperia, Genova e Savona in cima alla lista nera delle Province.
Illeciti che «germinano» su un territorio di impareggiabile fragilità, con il 98 per cento dei comuni a rischio idrogeologico e l’80 per cento dei terreni agricoli, argine primo al dissesto, perso in mezzo secolo. Ieri, mentre a Bogliasco veniva ritrovato il cadavere di Elias Kassabgi, travolto dall’esondazione del rio Poggio, il Cima, fondazione di ricerca ambientale, contava in Liguria quindici frane attive, che si aggiungono alle cento registrate da ottobre. «In Liguria ci sono trecento punti di frana potenziale. Come andare al casinò e lanciare la pallina su 300 roulettes, sperando che non esca mai lo zero», ragiona il presidente Franco Siccardi. «Servirebbero 10 miliardi per mettere il territorio a posto, ma i fondi diminuiscono», dice sconsolata l’assessore regionale all’Ambiente Renata Briano.
Nel frattempo, i tecnici della Protezione Civile studiano come rimuovere frana, terrazza, treno. Operazione complicata: il treno fa da tappo, se si sposta viene giù tutto. Ma la terrazza non è sicura e la collina continua a sputare acqua. Serviranno mesi, con disagi per migliaia di passeggeri. Tutto per 30 mila euro.
Giuseppe Salvaggiulo