Italia
La rivoluzione industriale 4.0
La rivoluzione industriale 4.0
Badante, cameriere o barista
dove il robot sostituisce l’uomo
Prodotto in Germania, costa 100mila euro, debutterà a marzo: “Basta istruirlo”
Nei prossimi 5 anni a rischio 7,1 milioni di posti nei Paesi più industrializzati
Prodotto in Germania, costa 100mila euro, debutterà a marzo: “Basta istruirlo”
Nei prossimi 5 anni a rischio 7,1 milioni di posti nei Paesi più industrializzati
All’ingegnere Matthias Krinke non dispiace poi troppo che la sua creatura venga chiamata «il robot schiavo». Del resto, è difficile trovare una definizione migliore. Attaccato a una presa di corrente, il Workerbot 4 può lavorare di giorno e di notte, cambiare padrone e mansione grazie al «massimo coefficiente di flessibilità». Basta istruirlo. «Sarà anche uno schiavo, però non soffre» dice con un sorriso bonario l’ingegner Krinke.
Costa 100 mila euro. È alto 1,75, pesa 120 chili. Ha una faccetta simpatica da fumetto per non incutere troppo timore. Il problema è la quantità di cose che sta imparando. Non disegnerà un cuore con il latte al centro del vostro cappuccino, ma solo perché nessuno lo ha ancora programmato per farlo. Può fare il barista, mettere la senape su un würstel in quantità variabile, produrre pezzi di plastica personalizzati, cucire magliette su misura. Dicono che presto diventerà portiere d’albergo, guardiano di un condominio e badante infaticabile. Intanto, in forma di prototipo, con il nome di Jolandi, sta già lavando il bagno di casa del suo inventore. «Gli dai lo straccio umido ed ecco che, attraverso un sistema di sensori e telecamere a 360 gradi, con le braccia meccanizzate pulisce con precisione millimetrica. Mia moglie è molto soddisfatta».
Si può scherzare, certo. Ma questa è una frontiera. Ancora nessuno conosce esattamente quello che ci sarà dall’altra parte. Per il World Economic Forum, nei prossimi 5 anni si potrebbero perdere fino a 7,1 milioni di posti di lavoro nei 15 paesi più industrializzati del mondo. Secondo l’ultimo studio della McKinsey, il 49% delle attività umane «è soggetto a qualche forma di automazione». La chiamano rivoluzione industriale 4.0. Non è soltanto la robotizzazione dei processi produttivi su larga scala, cioè fabbriche sempre pi ù tecnologiche e meno umane. È la fine di molti lavori per come erano conosciuti fino a oggi. Gli autisti improvvisamente inutili, sostituiti dai camion e dalle auto a guida autonoma, sono l’esempio più immediato. Ma rischiano tutti gli impieghi più ripetitivi, e in questa classifica cucitori e raccoglitori agricoli sono considerati fra quelli a più alta probabilità di estinzione.
La Germania è la prima produttrice di robot in Europa. A Berlino, a quattro fermate di metropolitana da Alexanderplatz, c’è questo ingegnere con la camicia verde che ha messo sul mercato il primo «robot schiavo». Stiamo parlando del futuro? «Parliamo del presente», risponde Matthias Krinke. L’esordio in società del Workerbot 4 avverrà a marzo 2018, con il primo chiosco con due umanoidi al lavoro. Fabbricheranno oggetti personalizzati davanti ai clienti, all’interno del centro commerciale Bikini Berlin. Un altro chiosco con due robot è stato acquistato da una catena tedesca dal nome ancora top secret. Mentre a maggio arriveranno due umanoidi anche per servire la birra artigianale Baladin di Piozzo, in Piemonte. Ma questi saranno prodotti della Epf Automation di Carrù. Perché anche l’Italia è all’avanguardia nel settore, il secondo Paese produttore di robot in Europa.
Va bene, direte: il gioco dei camerieri umanoidi. E invece, no. Due catene alberghiere tedesche stanno progettando di attrezzare la reception con dei robot. «Controlleranno l’ingresso, i documenti, la corrispondenza dei volti, distribuiranno le chiavi e regoleranno la temperatura in stanza sulla base delle preferenze individuali», spiega Matthias Krinke. Ma se uno avesse bisogno, per dire, di un cuscino? «Il robot non sarà solo. Il progetto prevede sempre di affiancarlo a un essere umano. C’è una seconda versione della reception, dove nel viso del robot comparirà la faccia di una persona in carne ed ossa, collegata da una centrale. In modo che la stessa impiegata possa materializzarsi in diversi alberghi della stessa catena. Lei parlerà, il robot eseguirà, e via così».
L’ingegner Krinke ha 51 anni, da ragazzo sognava di fare il pittore. Quando 23 anni fa ha aperto la sua officina di robot nel distretto di Mitte, in pochi erano disposti a prendere sul serio quel genere di lavoro. Oggi la sua azienda conta 50 dipendenti. Negli ultimi dieci anni ha ricevuto finanziamenti dell’Unione Europea, dall’ente governativo Euronorm e dalla «Investitionsbank» di Berlino. Tutti vogliono vedere cosa c’è dall’altra parte della frontiera.
Potresti trovarci, ad esempio, più solitudine e disoccupazione, un robot per ricordarti che devi prendere una medicina, un altro per il sesso, un altro ancora per prenotare un hotel. Ma per lui, al contrario, andrà bene. «Nessuno adesso si lamenta perché esistono i bancomat, io sono convinto che i robot faranno nascere nuovi impieghi. Serviranno altri tipi di competenze: più diversità, più scuola, più arte. Come in ogni epoca di grande cambiamento, perderemo qualcosa in cambio di altre opportunità». Resterebbe, forse, la tristezza di avere a che fare con gli umanoidi. «Ho appena parlato di questo argomento con mia madre Gisele», dice l’ingegner Krinke. «Lei preferirebbe un badante robot, la farebbe sentire meno in colpa».
Fra i clienti interessati al Workerbot 4, il suo inventore è autorizzato a citare solo la Siemens e Bundesdruckerei, l’ufficio anagrafico e zecca dello Stato tedesco. Insieme stanno cercando di risolvere un problema del futuro prossimo: certificare l’identità dei robot e legarla in modo sicuro a quella dei proprietari. Il progetto si chiama «Safe identity». Il Parlamento europeo ha appena stabilito che non dovremo più chiamarli robot. Accanto alle persone fisiche e alle persone giuridiche, adesso ci sono loro: le persone elettroniche. Fra le applicazioni allo studio dell’ingegner Krinke, c’è un’agenzia di lavoro temporaneo con questo slogan: «Impiegati 0%, 100% robot». E poi l’idea di mettere in vendita le sue creature sotto forma di investimento. Immagina, cioè, un mondo dove un pensionato, ad esempio, possa comprare un robot per poi affittarlo a qualche fabbrica e ricavarne un reddito. Lo stipendio per conto robot.
Chissà cosa di tutto questo diventerà reale. L’ingegner Krinke sorride soddisfatto: «Le ultime stime dicono che in Germania nel 2018 verranno prodotte 85 mila persone elettroniche». Al posto di quanti esseri umani lavoreranno?
nICCOLò ZANCAN