ebook di Fulvio Romano

domenica 9 marzo 2014

Quant'è bello innamorarsi dei lupi seduti comodi in salotto..!

LA STAMPA

Italia

Noi , seduti in salotto, innamorati di un simbolo di libertà

Come ogni simbolo, anche il lupo è un catalizzatore di reazioni spesso opposte tra loro. Basta osservare il conflitto che la sua presenza sta accendendo per rendersi conto quanto la componente simbolica e immateriale di questo grande predatore sia di fatto il perno attorno al quale ruota tutta la questione.

Agli inizi degli anni Settanta il Canis Lupus Italicus era arrivato alla soglia dell’estinzione. Ne erano rimasti pochi esemplari nell’Appennino Centrale e Meridionale, e alcuni sparuti branchi nella roccaforte dei Monti Sibillini.

Poi, grazie a una legislazione di tutela e all’immissione in natura di animali a scopo venatorio (come cinghiali e ungulati), il lupo ha trovato le condizioni per risalire la dorsale appenninica e rioccupare i suoi antichi territori.

Oggi il lupo è presente in Appennino, nelle Alpi Occidentali, e anche a quote meno elevate. Il lupo è dunque tornato. E tornando ha ripreso il suo antico mestiere: predare. Predare selvaggina, cinghiali, e naturalmente le pecore. In risposta nessuno può toccare il lupo, grazie a diverse leggi e decreti (il primo, il decreto “Natali”, risale al luglio 1971). Tuttavia il pastore che subisce un attacco non è impotente: può disporre dei risarcimenti e può ricorrere all’autodifesa con cani addestrati, recinzioni e guardianie più stringenti.

La questione però sta anche altrove. Il lupo non è solo un predatore: è, appunto, un simbolo. E come tale scatena discussioni, apre divergenze, matte a nudo sguardi contraddittori. Lo sguardo del montanaro e lo sguardo del cittadino.

Nello sguardo del montanaro c’è la concretezza di chi vive delle risorse che la natura gli offre. Per lui la natura va preservata, anche per mantenere l’equilibrio tra risorse e consumi. Lui stesso è abituato a difendersi dalle minacce e dai rigori della montagna: e il lupo rientra tra queste categorie.

Per il cittadino che ama la natura il discorso si ribalta. Lui tende ad avere una visione idealizzante, filtrata da una diversa attribuzione di senso. Il solo fatto di sapere che il lupo è tornato (anche se non lo vedrà mai) potrà infondere in lui la rassicurante sensazione che il mondo selvaggio è vivo, prospera, nonostante l’odierno deterioramento degli equilibri naturali.

Se al contrario il lupo fosse di nuovo cacciato e sparisse sarebbe una sciagura. Sarebbe un po’ come la questione del ritiro dei ghiacciai, che ci rende tutti più tristi, tutti più poveri (anche se su un ghiacciaio non ci andremo mai).

Per chi vive in città e ama la natura il lupo è visto nel suo portato morale: l’immagine del mondo selvatico innocuo, incorrotto, fragile. E salvarlo è un bene per tutti.

Marco Albino Ferrari


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