ebook di Fulvio Romano

lunedì 31 marzo 2014

Cambio climatico, a rischio i paesi mediterranei...

Da LA STAMPA on line

AMBIENTE

Gli scienziati Onu: il clima cambia,
il Mediterraneo è a rischio

La preoccupante analisi emerge dalla seconda parte del rapporto dell’Ipcc, il panel di scienziati che per conto dell’Onu analizzano le conseguenze dell’effetto serra prodotto dall’attività economica umana

Siamo già in ballo: la frequenza e l’intensità degli uragani nel Nord Atlantico è aumentata dagli anni Settanta; ognuna delle ultime tre decadi ha battuto il record del caldo; l’aumento del livello dei mari viaggia alla velocità di oltre 3 millimetri l’anno. Ma nell’arco della vita di un bambino che oggi va all’asilo l’accelerazione del cambiamento può portare alla catastrofe climatica con temperature che superano di 5 gradi il livello pre-industriale, il raddoppio degli assetati, il crollo della produzione agricola e un aumento di tensioni che sfociano in guerre – o meglio, in altre guerre, non più per il controllo del petrolio o del gas ma per l’accesso a tutte quelle risorse naturali che diventeranno via via più scarse. 

 

La seconda parte del quinto rapporto Ipcc, il panel di oltre 2 mila scienziati Onu che ha vinto il Nobel per la pace nel 2007, non lascia margine logico all’incertezza sulla direzione da prendere per garantire la sicurezza collettiva. La valutazione della gravità del global warming e la condanna della lentezza della reazione sono nette: “Gli effetti dei mutamenti climatici si stanno già manifestando in tutti i continenti – scrivono i ricercatori - e attraverso gli oceani. Il mondo, in molti casi, è ancora impreparato ad affrontare i rischi che derivano da un clima mutato”. 

 

L’orso polare intrappolato su una zattera di ghiaccio alla deriva è un’immagine che rende efficacemente l’idea dell’impatto della mutazione in corso, ma al tempo stesso rischia di essere riduttiva, associando il pericolo a una zona lontana e poco popolata. Invece il global warming non solo è già in atto, ma sta colpendo tutti, sia pure in maniera differenziata: “i mutamenti osservati si manifestano dai tropici ai poli, dalle piccole isole ai grandi continenti, dai paesi più ricchi a quelli più poveri”. 

 

Se non adotteremo politiche capaci di ottenere il doppio risultato della mitigazione (tagliare in modo drastico e rapido le emissioni serra causate principalmente dai combustibili fossili) e dell’adattamento (migliorare la capacità di governance includendo nel calcolo degli investimenti la variabile clima), le conseguenze saranno drammatiche. Gli avvertimenti sono tanto numerosi da valere tutti un titolo di giornale: “Centinaia di milioni di persone saranno colpite dalle alluvioni e costrette a lasciare le loro case”; “Molto ecosistemi non potranno adattarsi”; “I raccolti delle principali colture, come riso, mais e frumento, subiranno una riduzione del 2 per cento ogni 10 anni”; “Fino al 9 per cento del Pil globale dovrà essere impiegato nelle opere per arginare la crescita dei mari”; “Il numero dei bambini sotto i 5 anni malnutriti aumenterà di 25 milioni”.  

 

Accanto alla drammaticità dello scenario business as usual - lo sviluppo economico centrato sull’uso crescente di combustibili fossili e sulla deforestazione - i climatologi delle Nazioni Unite indicano però una direzione per ridurre l’impatto del cambiamento climatico entro limiti accettabili. E’ una direzione basata sullo sviluppo dell’innovazione tecnologica nel campo dell’efficienza energetica, delle fonti rinnovabili e del riciclo dei materiali utilizzati per la produzione. 

 

Senza questa svolta il prezzo sarebbe pesante anche in Europa. “Le inondazioni che si abbatteranno sulle coste del vecchio continente potrebbero coinvolgere fino a 5.5 milioni di persone con un costo che si aggirerebbe intorno ai 17 miliardi di euro l’anno”, osserva Maria Grazia Midulla, responsabile clima del Wwf. “Le foreste europee, per gli incendi e gli attacchi di insetti, funghi e parassiti, perderanno centinaia di miliardi di euro. Fino al 9% dei mammiferi saranno a rischio di estinzione e fino al 78% saranno severamente minacciati dal pericolo di estinzione”. 

 

L’Italia poi subirebbe la pressione della desertificazione nelle regioni meridionali, un aumento consistente delle flash flood (le alluvioni lampo) e gravissime perdite agricole, con colture pregiate (vino, olio, frutta) costrette a migrare alla ricerca di habitat favorevoli. In altre parole, a patire maggiormente il cambiamento climatico sono le regioni mediterranee: uno spread che nessuno prende in considerazione, finora, ma che potrebbe avere conseguenze ancora più devastanti di quello meramente finanziario.