ebook di Fulvio Romano

mercoledì 19 marzo 2014

Una trentina i branchi di lupi nel Cuneese...

LA STAMPA


Cuneo


Una trentina di branchi di lupi

“contati” sulle Alpi Occidentali

Ceva, nel convegno al Centro della Forestale mappa della presenza del predatore


Una mappa «sulle tracce del lupo»: segnala in modo scientifico la diffusione dei branchi in provincia. L’hanno presentata, lunedì sera, la biologa Francesca Marucco - fra i massimi conoscitori della presenza del predatore - e gli altri esperti del progetto comunitario «Life WolfAlps» alla conferenza-dibattito nella caserma «Galliano», sede del Centro formazione del Corpo Forestale, che ospita due corsi di specializzazione sul monitoraggio del lupo. Centinaia «a lezione», anche dal Nord Est. Come in centinaia hanno affollato la serata pubblica, aperta dai saluti del responsabile del Centro, Stefano Anania, e del sindaco Alfredo Vizio.

Nel Cuneese il lupo è ormai di casa. Non reintrodotto, ma ritornato, perchè - come ha sottolinato la Marucco - «la diffusione è avvenuta per la dispersione dei vari gruppi e null’altro». E la presenza del predatore è certa in bassa e alta Val Tanaro, tra Val Corsaglia e Casotto, nelle Valli Pesio, Gesso, Stura, tra Stura e Grana, poi in Val Maira e Varaita. «Sulle Alpi Occidentali ci sono una trentina di branchi – ha spiegato la coordinatrice scientifica di “WolfAlps” -. Scopo del progetto è trasferire le tecniche messe a punto in Piemonte in oltre 20 anni col lupo alle altre regioni dell’arco alpino, dove si sta diffondendo ora». Le prime segnalazioni di un ritorno del lupo sulle Marittime risalgono al 1987. Il primo branco è «mappato» nel ‘92, al confine con il Mercantour. Uno degli ultimi è indicato, invece, in Montezemolo- Valle Belbo. «Gli esemplari in Piemonte arrivano dagli Appennini - ha aggiunto la Marucco -. Il predatore è un animale fortemente territoriale, ma con grande capacità di dispersione. Ogni branco ha un suo territorio, di circa 250 chilometri quadrati, e lo difende. Anche da altri branchi. Perciò, se in una zona ci sono 4 o 5 lupi in media, non è possibile che il loro numero aumenti esponenzialmente. I cuccioli dell’anno precedente si spostano altrove». La diffusione è continua. Per «seguire» gli spostamenti si usa anche il radiocollare, ma la «carta d’identità» del lupo è fornita dall’analisi fecale, da cui ricavare il Dna. Alcune slides affiancavano cani, ibridi e lupi. Difficile distinguerli, ma Francesca Marucco ha evidenziato le differenze. Il lupo: orecchie triangolari, occhi gialli, «mascherina» bianca sul muso, striscia nera su zampe anteriori e coda, notevole somiglianza fra gli esemplari di uno stesso branco.

Ma, nonostante studio e investimenti (l’importo di «Life WolfAlps», che vede collaborare molti enti, fra cui il Parco del Marguareis, è di 6 milioni di euro), la convivenza tra uomini e lupi resta difficile. «Dalla paura agli atti di bracconaggio il passo è breve - ha concluso la biologa -. Indispensabile il confronto tra chi studia e chi vive sul territorio». Bracconaggio che la Forestale persegue, come sottolineato dal comandante provinciale, Paolo Salsotto. Giuseppe Canavese, del Parco (presente anche con il consigliere Luca Robaldo), responsabile «Life WolfAlps»: «Il 7 aprile incontreremo le associazioni di categoria. L’intenzione è spingere la Regione a inserire nel Piano di Sviluppo Rurale i costi per mantenere viva la montagna». Poi il dibattito con allevatori e pastori in sala. «Occorre lavorare a una sintesi tra zootecnia montana e presenza del predatore», ha commentato Marco Botto, presidente del Calso.

muriel bria - paola scola


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