Cultura
Cesare Segre, il curioso dei testi
Morto a 86 anni il grande critico e filologo, protagonista del secondo ’900
Morto a 86 anni il grande critico e filologo, protagonista del secondo ’900
È morto ieri a Milano Cesare Segre. Era nato a Verzuolo (Cuneo), e il 4 aprile avrebbe compiuto 86 anni. È stato uno degli studiosi più versatili che alla mia generazione sia toccato di conoscere, filologo, critico teorico e pratico, storico della lingua. Ha fatto ricorso a svariate tecniche, e le ha applicate a svariati soggetti letterari, antichi e moderni. Con le sue curiosità e la sua dottrina ha attraversato da protagonista le vicende culturali decisive del secondo ’900: storicismo, formalismo, strutturalismo, semiotica, ermeneutica.
Lucido cercatore della «verità», non ha mai creduto in un mondo in cui tutto è uguale a tutto, in cui non esistono verità ma soltanto opinioni. Ci ha insegnato ad amare chiarezza e concretezza, dettaglio e totalità, etica e rigore. Irraggiungibile il suo modo lucido, asciutto, di esporre con semplicità concetti complessi, senza sfoggi di erudizione. Ha scritto pagine in «una lingua bianca e traslucida», ha detto Paolo Di Stefano sul Corriere recensendo il «Meridiano» uscito da poco e che contiene il fiore dei suoi saggi.
A lungo in cattedra all’Università di Pavia, Segre ha sempre tenuto in grande considerazione il lettore, ma soprattutto ha mostrato un rispetto estremo per la realtà dei testi. Editore dellaChanson de Roland, studioso eminente dell’Orlando furioso e delle Satire dell’Ariosto, della prosa del Due e Trecento, ha maneggiato centinaia di manoscritti, compiendo fondamentali esperienze nella critica testuale, nella critica delle varianti, che gli hanno permesso di intervenire con grande autorevolezza su questioni generali e metodologiche. Ha saputo avvicinare come nessuno il passato, i testi più lontani, cercando di superare il fossato che si erge tra noi e i testi medievali, superando la barriera del tempo, dello spazio o della diversità culturale.
C’è una costante che ha accompagnato la stesura dell’intero e sterminato corpo dei suoi lavori, l’inestricabile nesso tra cultura, lingua e società. Il punto cruciale dell’intera sua ricerca è consistito nel vedere il modo con cui l’ambiente storico-sociale si allaccia al testo che a quell’ambiente appartiene. Combinando testo e quadro sociologico, ha sempre inseguito vettori e strutture della lingua quando essa riflette i movimenti e le situazioni della società. Nessuno come lui ha saputo nel ’900 conciliare le istanze della storia e la coscienza delle strutture. È stato facile ammirarlo, ma anche volergli bene. Più difficile perderlo.
Gian Luigi Beccaria