L’esperienza parlamentare del M5S: turpiloquio e adesione a slogan di un’azienda di comunicazione
Si potrebbe pensare che nell’ultimo anno la colpa più grave del M5S sia stata quella di NON aver avuto una credibile proposta politica, disperdendo in tal modo un enorme capitale elettorale. Purtroppo, accanto ai peccati di omissione ve ne sono altri, più diretti e concreti. Quelli in parole e in opere. I nove mesi di esperienza parlamentare del M5s rischiano di lasciare degli strascichi molto pesanti per almeno due ordini di motivi.
In primo luogo, Beppe Grillo ha sdoganato l’uso del turpiloquio e dell’offesa personale, quali mezzi naturali della battaglia politica. Sull’esempio del capo carismatico – ormai oggetto di un vero e proprio culto della personalità – stuoli di seguaci si lasciano andare, nei blog e nelle loro pagine facebook, ad invettive di tutti i tipi. Si tratta di manifestazioni di livore, in cui la violenza verbale nasconde un pauroso vuoto di elaborazione intellettuale.
Questi sfoghi, naturalmente, non rappresentano un reale pericolo per i poteri dominanti, ma contribuiscono a creare un clima di rancore generalizzato, pronto ad abbattersi su qualsiasi obiettivo, giusto o sbagliato che sia.
Ciò che più scandalizza è che non si tratta di manifestazioni spontanee. Certo, la rabbia esiste, e per fondati motivi , nella società italiana. Essa però viene astutamente orientata da gruppi che stanno nell’ombra e alimentano una percezione semplificata della realtà: da una parte c’è un “noi”, rappresentato dal cittadino onesto, laborioso e vessato dalle tasse, che si identifica immediatamente nel Movimento; dall’altra ” la casta” dei politici corrotti, responsabile di tutti i guai del paese. Ogni possibile distinguo rispetto a questo schema manicheo rischia di essere visto come un tradimento e scatenare le reazioni più esasperate.
Vi è poi un altro fatto, se possibile ancora più negativo. La Casaleggio Associati ha avuto un indubbio successo nel creare un’inedita figura di quadro politico – intellettuale, capace di fondere, anche se in modo degradato, le caratteristiche del volontario cattolico, dell’intellettuale organico stalinista e del funzionario aziendale. Il suo compito è quello di rilanciare nella rete le parole d’ordine del Movimento. La sua efficacia è dovuta al fatto che spesso (parlo per esperienza personale) non si rende nemmeno conto di essere parte di una organizzazione che lo trascende completamente. Alla libera espressione del pensiero si sostituisce così l’adesione acritica agli slogan elaborati da una azienda della comunicazione.
E se è particolarmente triste che siano vittime di questa autocensura anche intellettuali gloriosi, primo fra tutti Dario Fo (il quale rischia di macchiare un’intera vita al servizio della libertà, facendosi coinvolgere in un’avventura da cui dovrebbe assolutamente prendere le distanze) ancora più grave è quanto avviene nel mondo della rete. Molti blogger, che negli anni del berlusconismo trionfante erano stati una luce di verità ed un pungolo costante nei confronti di ogni potere, hanno di colpo perso libertà ed autonomia, intruppandosi in un nuovo partito azienda.
Le conseguenze di tutto questo, temo, si faranno sentire per anni. Ben al di là dell’inevitabile declino delle fortune elettorali del Movimento.