«Vi spiego il dolore che Germania ha dato all’Europa»
di Andrea Mollica - 22/11/2013 -
L'economista Adam Posen illustra ad Handelblatt le sue critiche al modello tedesco
GERMANIA NEL MIRINO - Dopo anni di critiche provenienti da settori dell’accademia, della politica e dell’economia relativamente marginali, in questi ultimi mesi il Modell Deutschland, il modello Germania, è diventato oggetto di pesanti rilievi nei consessi internazionali. Le bordate più significative sono state sparate dal Tesoro statunitense, ma vari economisti hanno preso posizione contro la politica economica del governo Merkel, e il sostegno ad un sistema che crea squilibri all’interno dell’eurozona. Uno dei critici più autorevoli è Adam Posen, che pochi mesi fa pubblicò un’analisi durissima contro la Germania sulFinancial Times. Posen, un influente economista statunitense, motiva adHandelsblatt la radice delle sue critiche. «In primo luogo lo Stato e le imprese investono troppo poco. In secondo luogo i lavoratori sono pagati troppo poco. Questi due fattori creano squilibri globali e mettono in difficoltà gli altri paesi, sopratutto in Europa. Negli ultimi quindici anni i salari tedeschi sono rimasti sempre dietro gli aumenti di produttività. Il successo tedesco è basato sul taglio delle retribuzioni».
DOLORE TEDESCO - Adam Posen respinge l’idea che i primi, timidi, risultati positivi ottenuti dall’Europa dopo tre anni di crisi dei debiti sovrani siano stati ottenuti grazie alle riforme dettate da Bruxelles sotto il diktat di Berlino. « La Germania ed i suoi alleati hanno dettato una politica a paesi come Portogallo, Spagna o Irlanda che ha imposto un dolore non necessario. In tutti i paesi periferici dell’eurozona esisteva un problema di eccessivo indebitamento del settore privato. Questi debiti avrebbero dovuto essere ristrutturati. Invece si è costretto questi paesi ad un processo di adattamento troppo rapido, imponendo una politica di rigore esagerata. Quando si valuta una strategia non conta solo l’obiettivo, ma anche il modo in cui lo si ottiene». La diversa valutazione sull’eurocrisi è motivata secondo Posen dal fatto che pochi economisti tedeschi seguano il mainstream, un approccio condiviso dall’establishment politico e finanziario.
TRADIMEMTO DELL’EUROPA - L’economista statunitense rivolge critiche ancora più severe in merito ai freni che la Germania, attraverso il suo governo e la sua banca centrale, la Bundesbank, pone alla Bce. «Se il governo tedesco vuole imporre un determinato ciclo di riforme, allora deve chiederle durante l’eurogruppo o in Consigli dell’Ue. Non si può nascondere dietro alla Banca centrale europea. In questo caso si tratta di una decisione politica che deve essere presa da rappresentati eletti dal popolo, non dai tecnocrati non eletti della Bce. La Germania tradisce l’Europa, quando mina l’autonomia della Bce per imporre la sua politica economica». Posen critica in particolar modo il mancato rispetto della crescita dei prezzi imposto per statuto alla Bce. Secondo l’economista americano la Germania frena i tentativi della Bce di aumentare l’inflazione al 2%, promuovendo al contrario politiche deflazionistiche che minano la crescita.
CAMBIARE STRATEGIA - Posen esprime ad Handelsblatt la sua preoccupazione sul fatto che l’establishment tedesco non capirà mai che il vero compito della Bce è mantenere la stabilità dei prezzi, che talvolta può significare crescita dell’inflazione più sostenuta per contrastare la tendenza deflazionistica di parte dell’unione monetaria, come avviene in questi mesi. Per stimolare una ripresa dell’eurozona è però essenziale che la Germania cambi la sua politica economica. In primo luogo devono aumentare gli investimenti pubblici all’interno del paese, così come il governo tedesco deve incrementare i fondi a disposizione dell’UE. In secondo luogo le imprese che detengono quantità eccessive di denaro devono essere maggiormente tassate. Posen valuta inoltre positivamente l’introduzione del salario minimo, una delle riforme della Grande Coalizione, al fine di aumentare la domanda interna. L’economista americano definisce eccessive le critiche degli economisti tedeschi che ritengono che con la proposta attualmente in discussione, un salario orario minimo di 8,50 euro lordi, si possano distruggere molti posti di lavoro.